Il problema delle materie prime – diventate praticamente introvabili – sta mettendo in ginocchio molte aziende italiane. Ormai si tratta di una priorità quasi emergenziale, al punto che stanno suonando da più parti i campanelli di allarme. “Sì’, è un problema che deve essere affrontato. Con velocità”, il grido di dolore lanciato da Alberto Dal Poz, presidente di Federmeccanica, in una intervista concessa al quotidiano ‘La Stampa’. Alluminio, rame, silicio, zinco, Terre rare sono incubi per molti imprenditori e, al momento, non si vede la famosa luce in fondo al tunnel. “Il problema è più vasto di quello che si potrebbe immaginare. Per molti versi questa crisi di offerta di materiali è trasversale. Non c’è un solo Paese che ha problemi a soddisfare la domanda. Sono tanti”, evidenzia Dal Poz, malgrado il male comune non possa essere un mezzo gaudio. Perché questo significa che “c’è la possibilità di compromettere la ripresa per via della scarsità di materie prime”.
Ad ascoltare Dal Poz, anche la ‘questione dei margini’ è da considerarsi dirimente. La spiegazione è diretta e poco incoraggiante: “E’ il rischio di inflazione. Pensiamo all’Italia, dal momento che importiamo il 70% dell’acciaio. Con esso importiamo anche l’inflazione, che essendo meno ‘buona’ di quella utilizzata per gli investimenti strutturali, erode i margini dei bilanci aziendali. In modo particolare per i settori che non si sono ripresi. Come aeronautica civile, ad esempio”. Tutto questo si tradurrà in un aumento dei prezzi degli acquisti, ed è qui che scatta warning e si alza il livello di guardia.
Il dito è puntato verso la Cina. Perché, secondo il presidente di Federmeccanica, tutto nasce a Pechino e dintorni. “Sulle materie prime, oggi il peso della Cina è rilevante, ma ci saranno nuovi equilibri. Immaginiamo quanti sono collegati a infrastrutture per il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Noi dovremmo quindi assecondare il ‘quanto’ andremo a spendere ma anche il ‘quando’. Il cronoprogramma sarà cruciale. Mi preoccupa perché vedo le difficoltà che abbiamo noi imprenditori ad avere certezze sui tempi di consegna dei materiali”, conclude Dal Poz.
La Cina determina sostanzialmente il prezzo dei materiali, controllando l’80% della produzione. I rincari sono impressionanti: 150% per il rame, 70% per l’alluminio, 50% per lo zinco. Ci sono fabbriche che si fermano per mancanza di materie prime come la fabbrica Seat in Catalogna, mentre alcuni impresari edili si lamentano di non avere più a disposizione i ponteggi da montare nei cantieri. La preoccupazione di Dal Poz è legittimata dai fatti, nell’attesa che qualcosa o qualcuno si muova.