Peggiora nel terzo trimestre 2022 la produzione metalmeccanica (-2,1% su anno). Pesano, tra i vari fattori, gli ulteriori incrementi dei prezzi dell’energia e delle materie prime dovuti al prolungamento del conflitto russo-ucraino e la politica zero-Covid adottata dalla Cina. E’ quanto emerge dalla 164° indagine congiunturale sull’industria metalmeccanica di Federmeccanica,. Anche l’export, aumentato del 13,5% rispetto all’analogo periodo del 2021, è tuttavia in attenuazione nei singoli trimestri. Positivi i flussi verso i Paesi Ue (+15%), mentre diminuiscono verso Russia (-19,5%) e Cina (-4,3%). Sale all’83% (rispetto al 79% della scorsa rilevazione) la percentuale di imprese che risentono dell’impatto dei rincari energetici sui costi di produzione e aumentano le aziende che indicano come possibile conseguenza l’interruzione dell’attività: sono pari all’8% (erano il 7% nel secondo trimestre e il 4% nel primo). Si aggrava anche l’impatto che i rincari hanno sulla redditività delle imprese: aumenta al 74% la quota di imprese che hanno registrato una riduzione del Margine Operativo Lordo (erano il 68% a fine giugno).Il 64% delle imprese metalmeccaniche prevede di attuare forme di investimento nei prossimi sei mesi, in particolare volte ad aumentare il risparmio energetico e la propria sostenibilità ambientale. Il 26,4% del campione investirà in tecnologia e digitalizzazione e il 20,1% dedicherà risorse per la formazione.
RESISTONO GLI INVESTIMENTI. “Lo avevamo in qualche modo previsto – spiega Stefano Franchi, direttore generale di Federmeccanica – perché i trend erano evidenti, e ancora oggi non vediamo la luce in fondo al tunnel. Infatti le aspettative delle imprese metalmeccaniche e meccatroniche sono in costante e, purtroppo, anche netto peggioramento in ogni ambito, come le prospettive occupazionali, la produzione, e il portafoglio ordini”. Anche se, un lato positivo c’è, ed è “la resistenza del dato sugli investimenti, che è un riflesso della resilienza delle nostre imprese. Nonostante tutto si continua a investire puntando sul futuro, proprio quando il futuro rimane incerto e quando non si vedono ancora spiragli di normalizzazione. Certo questo non può durare a lungo se non si interviene subito”.
L’IMPATTO DEI RINCARI. L’aumento dei prezzi del gas e dell’energia, oltre a quello delle materie prime, rende sempre più onerosa l’attività produttiva delle imprese e, infatti, i risultati dell’indagine mostrano come, in questo terzo trimestre, sia cresciuta la percentuale di imprese che risentono dell’impatto di tali rincari sui costi di produzione: 83% in salita dal precedente 79%. Nel 51% dei casi gli elevati costi delle materie prime e dell’energia hanno comportato la riorganizzazione del lavoro e/o dell’attività produttiva, nel 23,0% si è verificata una riduzione dell’attività di investimento, mentre il 18% ha dichiarato altre conseguenze. La percentuale di imprese che ha indicato come possibile conseguenza l’interruzione dell’attività aziendale è stata pari all’8%, era il 7% nel secondo trimestre e il 4% nel primo.