In tema di omesso versamento IVA (di cui all’art.10-ter del D.Lgs n.74/2000), ove risulta che l’IVA è stata effettivamente incassata e che le relative somme non sono state accantonate ma impiegate per autofinanziamento o per altri scopi imprenditoriali, oltre ad essere provato il dolo, l’autore dell’omesso versamento si pone volontariamente nelle condizioni di non uniformarsi alla legge, con la conseguenza che non è invocabile l’esimente della forza maggiore (art.45 cod. pen.).
Nel caso in esame, l’imputato – condannato alla pena di 10 mesi di reclusione per l’omesso versamento dell’IVA – ha contestato l’affermata esistenza dolo spiegando di essersi trovato in una situazione oggettiva di crisi di liquidità.
“La Suprema Corte ha ricordato che per la configurabilità del reato, stante la struttura di reato omissivo proprio a consumazione istantanea – sottolinea Marco Cuchel, presidente dell’Associazione Nazionale Commercialisti – è sufficiente la consapevolezza di omettere il versamento dell’imposta dovuta sulla base della dichiarazione annuale”.
“Quanto alla incidenza dello stato di difficoltà, il collegio di legittimità ha ricordato che al fine della dimostrazione della assoluta impossibilità di provvedere ai pagamenti omessi, occorrono l’allegazione e la prova della non addebitabilità all’imputato della crisi economica che ha investito l’impresa e della impossibilità di fronteggiare la crisi di liquidità che ne sia conseguita tramite il ricorso a misure idonee, da valutarsi in concreto, mentre nel caso in esame – conclude Cuchel- il contribuente ha effettuato una libera scelta”.