Istat: Pmi riducono margini per shock energetici

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“Nonostante la severità e la pervasività dell’impatto della crisi energetica, a fine 2022 le imprese italiane non intravedevano seri rischi operativi per la propria attività, almeno in relazione al primo semestre del 2023, con percentuali decisamente superiori a quelle registrate a fine 2021”. Lo scrive l’Istat nel Rapporto sulla competitività dei settori produttivi 2023.
La reazione più frequente, a fronte di entrambi gli shock (energetico e pandemico), è rappresentata invece dall’aumento dei prezzi di vendita, con una caratterizzazione in termini dimensionali: per le piccole e medie imprese l’unica alternativa all’aumento dei prezzi sembra essere rappresentata dal sacrificio dei margini di profitto mentre le grandi sembrano poter attuare strategie più complesse, incentrate anche sulla rinegoziazione dei contratti di fornitura e, in misura più contenuta, sul consumo di elettricità autoprodotta e sull’efficientamento energetico degli impianti. Questo, tuttavia, non ha comunque evitato, anche per questa tipologia di imprese, una riduzione piuttosto diffusa dei margini di profitto.

“Nel complesso – spiega Istat – tra l’inizio e la fine del 2022, il margine operativo lordo (Mol) risulta diminuito per oltre la metà delle imprese in 18 settori su 23 (uniche eccezioni sono Coke e Raffinati, Prodotti da minerali non metalliferi, Elettronica, Altre manifatturiere), e nel 5% dei casi è divenuto negativo. Alla luce dell’entità degli shock che nel corso dell’anno hanno investito la struttura dei costi delle imprese, rimane comunque considerevole la quota di unità che è riuscita a salvaguardare i margini (30,9%) o addirittura ad aumentarli (8,8%)”.

Nel terziario, invece, la capacità di bilanciare gli aumenti dei costi incrementando i prezzi di vendita appare più limitata, di conseguenza risultano più diffusi i casi di riduzione dei margini di profitto. Inoltre, nei servizi emerge un più frequente orientamento al risparmio e all’efficientamento energetico, che sembra accompagnarsi a una maggiore forza negoziale nei rapporti di fornitura. Allo stesso tempo, risultano meno diffusi (ma comunque superiori al 45%) i casi di contrazione del margine operativo lordo.