La sentenza n.25863/2023 della Corte di Cassazione è particolarmente rilevante per il principio dell’inerenza fiscale e per la qualificazione di un’azienda.
Per la Suprema Corte è inerente e fiscalmente deducibile il costo sostenuto da una società (ALFA) a fronte di un’obbligazione di non fare derivante dall’impegno che un’altra società (BETA) assumeva a non operare per cinque anni nel settore della raccolta dei rifiuti.
“La controversia si è articolata in due fasi processuali distinte, la prima delle quali si è concentrata sulla qualificazione dell’operazione come un’azienda. Tuttavia – spiega Marco Cuchel, presidente dell’Associazione Nazionale Commercialisti – il giudice di Torino ha respinto tale qualificazione, sostenendo che non fosse configurabile un’universitas tra la cessione delle attrezzature e l’obbligazione di non concorrenza”.
Gli Ermellini si sono riallacciati al principio dell’inerenza fiscale, secondo il quale un costo è fiscalmente rilevante non solo in relazione ai ricavi diretti, ma anche in base a un giudizio qualitativo sulla sua utilità per l’attività d’impresa.
Pertanto, l’obbligazione di non concorrenza ha consentito ad ALFA una maggiore libertà di operare nel mercato, contribuendo alla deducibilità del costo sostenuto.
“La sentenza ha poi chiarito il concetto di azienda secondo l’art.2555 del Codice Civile, sottolineando – prosegue Cuchel – che non è la quantità, ma l’interazione sinergica dei beni che determina la presenza di un’azienda”.
L’obbligo di astenersi dall’attività concorrenziale (art.2557 Cod.Civ.) mira a evitare interferenze nell’uso dell’avviamento da parte dell’acquirente.