La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n.16853/2024, ha stabilito che la sentenza penale di assoluzione ottenuta dall’amministratore di una società non invalida automaticamente l’avviso di accertamento tributario basato sugli stessi fatti.
Nel caso in esame, una srl aveva impugnato un avviso di accertamento dell’Agenzia delle Entrate basato su un verbale della Guardia di Finanza che contestava la deduzione indebita di costi e la detrazione indebita di Iva per operazioni inesistenti.
“La Suprema Corte ha confermato l’operato della Ctr ribadendo che l’art.654 c.p.p. prevede che il giudicato penale non ha effetto vincolante nel processo tributario, pertanto – sottolinea Salvatore Baldino, consigliere d’amministrazione della Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili – una sentenza penale irrevocabile, sia di condanna che di assoluzione, non ha autorità automatica nel giudizio tributario. Il giudice tributario deve esercitare i propri poteri di valutazione autonomamente, esaminando la condotta delle parti e il materiale probatorio disponibile. Anche se i fatti accertati in sede penale coincidono con quelli del procedimento tributario – prosegue Baldino – il giudice tributario deve procedere a una propria valutazione, non limitandosi a recepire le conclusioni della sentenza penale. Le prove raccolte nel processo penale, anche se definitosi con prescrizione, costituiscono una fonte che il giudice tributario può esaminare e utilizzare”.
Inoltre, diverse sentenze della Cassazione hanno ribadito che l’autonomia del giudizio tributario implica che l’esistenza di una sentenza penale non vincola automaticamente il giudice tributario.