Il bisogno di maggiore sicurezza creato dalla pandemia ha spinto gli investimenti nell’industria bellica: una tendenza globale che si riflette anche nei Paesi europei. Lo stanziamento per la Difesa tricolore arriverà quest’anno a 17 miliardi di euro, di cui 7 impiegati per l’acquisto di mezzi, armi ed equipaggiamenti.
In questo articolo parleremo di:
- Il Covid spinge gli investimenti: la dotazione del Fondo Europeo per la difesa
- Una tendenza ormai globale
- La situazione italiana
- Le prospettive per il futuro
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Nemmeno il Covid ha fermato la spesa militare all’interno dell’Unione Europea. Anzi, il bisogno di maggiore sicurezza che la pandemia sembra aver generato ha dato un’ulteriore spinta agli investimenti in questa direzione.
A dimostrarlo è anche la dotazione del Fondo europeo per la difesa, nato nel 2017 con l’obiettivo di promuovere la cooperazione tra le imprese dei diversi Paesi membri e favorire lo sviluppo di nuove tecnologie in questo settore. Da quest’anno al 2027 le risorse per gli investimenti (voce in cui vengono comprese le spese per acquisizioni di nuovo equipaggiamento militare e in Ricerca e Sviluppo di nuovi dispositivi d’arma) saranno pari a 7.953 milioni di euro, con un aumento di oltre il 7% della cifra che gli Stati destinavano a questo capitolo di spesa. Un balzo che fa seguito a un trend di crescita che si registra già da qualche anno. La spesa aggregata per gli investimenti negli Stati membri, nel triennio 2017-2019, è stata pari a 106.279 milioni di euro, con un aumento del 35% tra il primo e l’ultimo anno di questo periodo.
Di fatto, anche in Europa si assiste a una tendenza ormai diventata globale. Nel mondo, stando ai dati di Sipri (Stockholm International Peace Institute), nel 2019 i governi hanno stanziato nel complesso 1.917 miliardi di dollari per la difesa, in crescita del 3,6% sul 2018 e del 7,2% sul 2010. Complessivamente, gli eserciti nel 2019 hanno pesato il 2,2% del Pil globale. A guidare la classifica della spesa militare sono gli Stati Uniti (con uno stanziamento di 732 miliardi di dollari), seguiti da Cina (261 miliardi di dollari) e India (71 miliardi).
Nello stesso report, Sipri segnala anche come la Francia sia il primo Paese europeo per spesa militare, con 50 miliardi di dollari spesi nel corso del 2019. Parigi ha aumentato dell’1,6% la cifra su base annua, con un peso dell’1,6% sul Pil. Poco più in basso si posiziona la Germania, con 49,3 miliardi. Da notare, però, come dal 2018 al 2019 l’aumento dei finanziamenti all’esercito sia stato pari a ben il 10%, l’incremento maggiore a livello mondiale.
In questo contesto l’Italia ha visto crescere la spesa per le tre Forze Armate con Funzione Difesa fino a 15,32 miliardi di euro nel corso dello scorso anno, con un balzo del 9,6% rispetto ai 13,98 miliardi del 2019. Per il 2021 ci si aspetta uno stanziamento di circa 17 miliardi: di questi, 7 saranno impiegati per l’acquisto di mezzi, armi ed equipaggiamenti.
E, a proposito di armi, stando a un altro studio del Sipri sul quinquennio 2016-2020, l’Italia è stato il decimo maggior esportatore di armi al mondo, vendendo fuori dai confini nazionali il 2,2% della produzione. Gli scambi con l’estero hanno riguardato soprattutto gli aerei militari e le navi, mentre i principali partner sono stati la Turchia (18%), l’Egitto (17%) e il Pakistan (7,2%).
Sulle prospettive dell’industria militare si è discusso anche a dicembre scorso, nel corso del l’incontro “Aiming Ahead: New Security Trends and the Future of the Defence Industry”, al quale ha partecipato l’ad di Leonardo, Alessandro Profumo, spiegando che “se è vero che la pandemia ha messo i budget nazionali sotto pressione, è altrettanto vero che le tensioni internazionali sono ulteriormente alimentate proprio dal Covid”. Il ruolo dell’industria militare? “C’è bisogno di un dialogo continuo con i governi, al fine di definire una strategia comune, nell’interesse della nazione stessa” ha sottolineato Profumo.