Il Job Act nelle sentenze della Corte Costituzionale

Le modifiche alla normativa sui licenziamenti

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La Corte Costituzionale, con le sentenze n.128/2024 e 129/2024, ha apportato importanti modifiche alla normativa sui licenziamenti introdotta dal D.Lgs n.23/2027, meglio conosciuto come ‘Jobs Act’.

“Con la sentenza 128/2024, la Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art.3, comma 2, del D.Lgs. n.23/2015 nella parte in cui non prevede la tutela reintegratoria attenuata per i licenziamenti per giustificato motivo oggetto – spiega Felice Colonna, consigliere d’amministrazione della Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili -, quando sia dimostrata in giudizio l’insussistenza del fatto materiale allegato dal datore di lavoro. Infatti, la tutela reintegratoria attenuata è stata prevista solo per i licenziamenti disciplinari in caso di fatto insussistente, creando una disparità di trattamento”.

Il vizio di illegittimità costituzionale non si applica qualora il fatto materiale sussista, ma il lavoratore possa essere utilmente ricollocato in azienda. In questi casi, la violazione dell’obbligo di repêchage attiverà la tutela indennitaria.

“La sentenza n.129, invece, respinge la questione relativa alla mancata previsione della tutela reintegratoria per i licenziamenti disciplinari quando il fatto contestato sia punito con una sanzione conservativa dalla contrattazione collettiva. La Corte ha stabilito che la tutela reintegratoria attenuata – prosegue Colonna – deve essere applicata quando la contrattazione collettiva preveda sanzioni conservative per specifiche inadempienze rilevanti dal punto di vista disciplinare”.

Le decisioni della Corte costituzionale mirano a correggere le disparità di trattamento tra diverse tipologie di licenziamenti.