Bancarotta, il deposito tardivo rafforza gli indici di fraudolenza

La sentenza della Corte di Cassazione

4 scaled

In tema di bancarotta fraudolenta documentale, la Corte di Cassazione (sentenza n.14931/2024) ha stabilito che il deposito tardivo della documentazione contabile nel corso del processo penale non può essere considerato come elemento di prova a favore dell’imputato.

“I Supremi Giudici hanno sottolineato che il dolo specifico richiesto dall’art.216, comma 1, n.2 del R.D. n.267/1942 è stato adeguatamente accertato – spiega Fedele Santomauro, consigliere d’amministrazione della Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili – il Giudice di Merito infatti ha evidenziato che l’occultamento della contabilità, considerando il peggioramento della situazione economica della società e la creazione di nuove società con lo stesso oggetto sociale, rappresentava una strategia per occultare le operazioni aziendali distrattive e impedire la corretta ricostruzione dell’andamento dell’impresa, causando pregiudizio ai creditori”.

Come viene evidenziato nella sentenza, la tardiva esibizione dei documenti contabili durante il processo penale non può sostituire gli obblighi di rappresentazione corretta della situazione economica dell’impresa, che l’imprenditore ha il dovere di adempiere prima e dopo la presentazione della dichiarazione di fallimento.

“Questi obblighi – prosegue Santomauro – includono il deposito di una relazione aggiornata e dei bilanci degli ultimi tre esercizi in sede di convocazione prefallimentare, e il deposito dei bilanci e delle scritture contabili obbligatorie entro tre giorni dalla comunicazione della sentenza di fallimento, oltre alla tempestiva disponibilità all’interlocuzione con il curatore di fallimento”.