
La sentenza n.1537/2024 della Corte di Giustizia Tributaria di I grado di Torino ha stabilito che in caso di soggettiva inesistenza delle fatture, l’amministrazione finanziaria ha l’onere di provare, prima di tutto, la consapevolezza del destinatario.
Nel caso in esame, una società ha impugnato un avviso di accertamento relativo all’anno di imposta 2017, con il quale l’Agenzia delle Entrate aveva riqualificato il rapporto contrattuale tra la contribuente e un proprio fornitore.
“La Corte ha accolto il ricorso della società, ritenendo che la contribuente non potesse essere ritenuta responsabile per le inadempienze fiscali del proprio fornitore. Nella sentenza, infatti, si legge – spiega Gianluca Buselli, consigliere d’amministrazione della Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili – che le sole irregolarità del fornitore non bastano a dimostrare una consapevole partecipazione della contribuente a un meccanismo fraudolento finalizzato alla somministrazione illecita di manodopera. La Corte ha però disposto la compensazione delle spese di giudizio – prosegue Buselli – riconoscendo che la società avrebbe potuto esercitare un controllo più attento sul proprio fornitore. Le gravi irregolarità riscontrate dalla Guardia di Finanza e dall’Agenzia delle Entrate giustificavano i dubbi dell’Amministrazione sulla genuinità delle operazioni”.
La sentenza ribadisce quindi il principio secondo cui in materia fiscale, non è sufficiente individuare irregolarità nel comportamento del fornitore per attribuire automaticamente responsabilità al destinatario delle fatture, ma il Fisco ha l’onere di dimostrare la consapevolezza della contribuente.