L’economia italiana tra le più sostenibili del G20

Il bilancio nazionale in questo ambito, tracciato dal CSC

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Nel 2023, l’intensità delle emissioni di gas serra (GHG) dell’Italia è stata pari a 0,12 kg di CO₂ equivalente per dollaro di PIL (kg CO₂e/$). Questo valore è nettamente inferiore alla media del G20 di 0,32, evidenziando un’efficienza superiore di quasi tre volte. Soltanto la Francia e il Regno Unito fanno registrare valori più bassi, entrambi a 0,10 kg CO₂e/$. Anche al di fuori dell’Europa, l’efficienza italiana risulta evidente. Gli Stati Uniti, pur essendo una delle economie più avanzate del mondo, mostrano un’intensità di 0,24 kg CO₂e/$. Ancora più distanti sono le economie emergenti: la Cina raggiunge 0,51, mentre il Sudafrica registra addirittura 0,61.

Un insieme di dati che consente di affermare che l’Italia è una delle economie più sostenibili del G20 e dell’Unione Europea. Dati diffusi dal Centro Studi Confindustria e che raccontano, in estrema sintesi, lo stato dell’arte dell’Italia in ambito di sostenibilità e circolarità delle imprese italiane che si dimostrano, anno dopo anno, più attente a questa tematica. Basti pensare che l’intensità delle emissioni del comparto manifatturiero è calata del 17,1% tra il 2014 e il 2023, risultando inferiore del 5,1% rispetto alla media dell’Ue e tra le più basse d’Europa. La maggior parte delle emissioni della manifattura italiana – circa il 71,5% – proviene da quattro settori: minerali non metalliferi (23,8%), derivati del petrolio (19,0%), prodotti chimici (14,9%) e metallurgia (13,8%); tutti insieme, essi rappresentano circa il 15% del valore aggiunto manifatturiero.

Un altro aspetto importante che emerge dal documento è il fatto che esiste un’Europa a “due velocità” per quanto riguarda l’adozione delle pratiche circolari; una disparità che richiede maggiore coordinamento e supporto a livello europeo per garantire una transizione circolare omogenea e che vede Germania, Belgio, Paesi Bassi, Francia, Spagna e Italia a guidare la transizione.

L’Italia è inoltre virtuosa nell’utilizzo di risorse per la produzione – un livello che può essere definito “basso”, appannaggio della circolarità del sistema industriale – e per la gestione dei rifiuti. In questo settore, la nostra Penisola è tra i leader europei: nel 2022, ha infatti riciclato il 53,3% dei rifiuti urbani, superando la media Ue del 49,1%. Settori chiave come il riciclo degli imballaggi in plastica (54,6%), vetro (80,8%) e metalli (78,0%) mostrano performance superiori alla media europea. Il valore aggiunto dell’economia circolare rappresenta il 2,7% del totale in Italia, superiore alla media UE (2,3%) e maggiore anche degli altri grandi paesi europei. Alti anche i risvolti occupazionali, con oltre 613 mila addetti nel settore.

Solo luci, dunque? In realtà, c’è anche qualche ombra. Nonostante le ottime performance, l’Italia dovrebbe infatti aumentare la propria capacità di innovazione. Una considerazione logica conseguenza del fatto che il numero di brevetti legati al riciclo e all’economia circolare (0,36 per milione di abitanti) è inferiore a quello di Germania, Francia e Spagna.

La conclusione che si può leggere nel documento del Centro Studi Confindustria è che “per stimolare una crescita sostenibile e competitiva, occorrono politiche mirate, piani per aumentare gli investimenti e maggiore collaborazione pubblico-privato”.