Poco più di due ore sono bastate a Parlamento e Consiglio Ue per trovare la quadra politica sulla revisione della direttiva sulla prestazione energetica degli edifici (Energy Performance of Building Directive), la cosiddetta direttiva case green tanto criticata in Italia e proposta dall’Esecutivo comunitario a dicembre 2021 per alzare gli standard energetici del parco immobiliare dell’Ue. Nell’accordo finale i negoziatori hanno ammorbidito parte delle richieste iniziali della Commissione europea.
Al centro della proposta dell’Esecutivo comunitario ci sono gli standard minimi di prestazione energetica – contenuti nell’articolo 9 – con cui Bruxelles aveva proposto di inserire un obbligo di ristrutturare almeno il 15% degli edifici con le peggiori prestazioni in ciascun paese dell’Ue. I negoziatori hanno confermato di volersi lasciare alle spalle l’idea di inserire requisiti di ristrutturazione dell’Ue per i singoli edifici basati su classi energetiche armonizzate, preferendo un approccio in cui vengono stabilite le medie di riferimento per ciascun Paese sull’intero patrimonio edilizio.
STANDARD MINIMI DI PRESTAZIONE. Per gli edifici non residenziali, i negoziatori hanno stabilito che almeno il 16% di quelli con le peggiori prestazioni sarà destinato alla ristrutturazione entro il 2030 e il 26% entro il 2033. Quanto a quelli residenziali, le case, si applicherà un obiettivo medio settoriale di riduzione dell’energia, con un minor consumo energetico del 16% nel 2030 e del 20-22% entro il 2035.
L’impianto generale della proposta della Commissione europea viene conservato e dunque a partire dal 2030 tutti i nuovi edifici residenziali dovranno essere costruiti per essere a emissioni zero. Per gli edifici pubblici, questo standard si applicherà a partire dal 2028. Entro il 2050 l’intero patrimonio edilizio esistente dovrà essere a emissioni zero. Per garantire flessibilità ai governi, le misure di ristrutturazione adottate dal 2020 saranno conteggiate ai fini dell’obiettivo ed è prevista, apprende GEA da fonti vicine al negoziato, una clausola aggiuntiva che mira a premiare “gli sforzi iniziali”.
STOP ALLE CALDAIE DAL 2040. Tra i dettagli stabiliti nel corso del negoziato, iniziato intorno alle 16.30 di venerdì, è stato posticipato dal 2035 al 2040 l’obbligo di abbandonare le caldaie alimentate da combustibili fossili per il raffrescamento e riscaldamento nelle abitazioni. I colegislatori hanno inoltre concordato di porre fine a tutti i sussidi per le caldaie autonome entro il 2025. Quanto all’obbligo per gli Stati di installare pannelli solari sui tetti, riguarderà solo i nuovi edifici, gli edifici pubblici e non residenziali a partire rispettivamente dal 2026 al 2030. Ma gli Stati membri dovranno anche attuare strategie, politiche e misure nazionali per l’installazione di impianti solari anche negli edifici residenziali. A detta del relatore per l’Eurocamera, l’eurodeputato dei Verdi Ciarán Cuffe, il voto del Parlamento europeo per confermare l’accordo dovrebbe svolgersi a febbraio. E, una volta approvato, l’attuazione dovrebbe iniziare nel 2026. Gli edifici sono responsabili di circa il 40% del consumo energetico europeo e del 36% delle sue emissioni di CO2.