Confindustria, Emanuele Orsini eletto presidente

Ha registrato il 93% dei voti favorevoli. Resterà in carica fino al 2028

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Sono tre la parole chiave scelte da Emanuele Orsini per il suo mandato alla guida di Confindustria: “Dialogo, identità, unità“. Il neo presidente si presenta con le idee chiare dopo l’assemblea riunita in forma privata e molto partecipata (848 presenti su 865, il 98%), che lo ha eletto ufficialmente trentaduesimo presidente degli industriali italiani, con il 93% dei consensi (789 favorevoli e solo 4 contrari, con quorum fissato a 410,5). “C’è bisogno di una Confindustria a Roma più vicina alle sezioni territoriali e alle federazioni”, dice nella prima conferenza stampa. “L’identità è una sfida enorme, per una organizzazione come la nostra: riuscire a far sentire parte del progetto fino all’ultimo associato della territoriale più piccola“. E poi l’unità, “dopo una campagna elettorale un po’ accesa, ma il voto di oggi dimostra che il sistema è riuscito a ricompattarsi immediatamente”.

Anche sui temi i dubbi sono pochi. A poche settimane dalle elezioni europee, la posizione delle imprese arriva forte e chiara: “Servono idee chiare e una politica industriale europea con una cultura non anti-industriale“. Dice stop agli “atteggiamenti ideologici” e si augura che la prossima Commissione Ue “metta al centro l’industria, perché significa mettere al centro la crescita“. Cita alcuni esempi di quello che intende: “Il packaging ci preoccupa, è un capitolo non finito ma fondamentale”, così come lo stop dal 2035 alla vendita e produzione delle auto con motori endotermici: “Bisogna salvaguardare il know-how” degli Stati membri, concentrandosi sul vero obiettivo, ovvero la “neutralità tecnologica“.

Il nodo è rendere il sistema industriale sostenibile, armonizzando produttività e costi. Per questo Orsini si sofferma molto sul capitolo Energia del suo programma. Lo definisce “fondamentale per la competitività”, ma “abbiamo capito che non possiamo farlo solo con le rinnovabili, è impossibile. Serve un mix” in cui deve trovare assolutamente posto anche il nucleare, ovviamente di ultima generazione. Che va sostenuto sempre, “non solo in campagna elettorale” ammonisce il leader di Confindustria. Sollevando però la necessità di avere “una rete elettrica nazionale, non privata”, perché “se l’energia è una questione di sicurezza nazione allora serve una rete nazionale”.

Argomenti che rilancerà a breve nell’interlocuzione con il governo. Perché la proposta lanciata in campagna elettorale per la presidenza di aprire un tavolo a Palazzo Chigi sull’energia rientra tra le priorità di questo avvio di mandato. Ho già chiesto ad Aurelio Regina, che è il nostro delegato all’energia, di coinvolgere i più importanti player, perché bisogna costruire la filiera. Occorre chiamare al tavolo chi lo faceva prima, l’Ansaldo di turno per capirci, ed Enel“. Orsini vuole definire soprattutto le dimensioni del progetto: “Se fare delle micro centrali da 100 GW o quelle da 400 GW come in Germania”, perché “sarà il futuro mettere in rete le imprese, purché la riflessione parta dal concetto che serve una rete nazionale elettrica“. Alle porte di piazza Colonna, però, vuole arrivarci con una proposta: “Chiederemo un confronto a breve per consegnarle a Palazzo Chigi“. Ma, al di là degli appelli e degli obiettivi, Orsini lo dice chiaro e tondo che i tempi non possono essere rapidi per questa tecnologia, quindi nel frattempo “bisogna mettere a terra due misure come il gas e l’energy release“.

La prima uscita pubblica ha tempi stretti per i tanti impegni già annotati sulla sua agenda, ma il neo presidente di Confindustria le indicazioni le fornisce chiaramente. “Serve un mercato unico dell’energia, che è la chiave della competitiva dell’Europa” nel confronto degli i competitor internazionali.

Su temi di stretta attualità, come Stellantis, non si sbottona ma fa capire l’orientamento: “Mi auguro che mantenga la promessa fatta del milione di auto prodotto in Italia, riguarda anche la salvaguardia della filiera“. E lancia messaggi al governo: “Devono ripartire gli investimenti, ora che sta finendo Industria 4.0 aspettando ancora Transizione 5.0 dal dicembre 2023, ma servono i decreti attuativi“. E per il futuro, suggerisce, “servono misure con visione almeno a 5 anni“.

Per non parlare del Sud: “Trovo anacronistico pensare di dividere il Paese in questo momento, quando tutti chiediamo di avere gli Stati Uniti d’Europa“. Chiede “infrastrutture adeguate” per far crescere armonicamente Mezzogiorno e Nord, sia sulla produttività sia sull’occupazione. E fa un esempio concreto: “sono d’accordo sull’infrastruttura Ponte, ma l’importante è arrivarci allo Stretto”, con ferrovie e strade, servizi.

Orsini non si sottrae nemmeno sull’Intelligenza artificiale. Ma su questo particolare argomento la sua visione è molto critica: “L’Intelligenza artificiale sarà un grande acceleratore per le imprese, ne siamo consapevoli”, ma “in un momento come questo, è impossibile parlarne solo per le negatività e i rischi, quando Usa e Cina stanno decollando. Noi, invece, non siamo nemmeno il fanalino di coda“. Per questo occorre aprire, a livello europeo e nazionale, “una riflessione enorme: per stare a passo con gli altri serve competitività. E per avere competitività bisogna dare servizi alle imprese“. Avrà tempo fino al 2028 per portare avanti le idee della nuova Confindustria.