Contradditorio preventivo, la pronuncia della Suprema Corte

L’ordinanza riguarda anche i controlli ‘a tavolino’

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Con l’ordinanza n.16873/2024, la Corte di Cassazione chiarisce i termini del contraddittorio endoprocedimentale nei controlli ‘a tavolino’ riguardanti l’Iva, stabilendo che questo può ritenersi regolarmente instaurato qualora il contribuente abbia ricevuto l’invito a esibire documentazione, al fine di verificare la regolarità della sua posizione contabile e fiscale.

Nel caso in esame, la società contribuente ha presentato ricorso contro un avviso di accertamento per imposte dirette e Iva. 

In primo grado, era stato accolto il ricorso proposto dalla società mente la CTR che ha accolto l’appello dell’Agenzia delle Entrate e rigettato quello della contribuente.

“La Suprema Corte ha respinto il ricorso della contribuente che aveva contestato la non applicazione dell’articolo.12, comma 7 della Legge n.212/2000 – spiega Fedele Santomauro, consigliere d’amministrazione della Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili – sostenendo che tale articolo si applica solo alle verifiche fiscali svolte nei locali destinati all’attività del contribuente e non ai controlli ‘a tavolino’ effettuati presso gli uffici dell’Amministrazione finanziaria”.

Nei controlli ‘a tavolino’, effettuati sulla base dei dati forniti dal contribuente o acquisiti documentalmente, non si applicano gli obblighi di redazione del processo verbale di constatazione e il termine dilatorio all’azione di accertamento.

“Per i requisiti ‘armonizzati’ – continua Santomauro – come l’Iva, è necessario un contraddittorio effettivo che può essere realizzato tramite procedure partecipative o meccanismi di interlocuzione preventiva come l’invio di questionari o l’accesso agli atti”.