La pandemia ha colpito duramente le zone più ricche del Paese. Tra le conseguenze dirette c’è stato un ribasso nei fondi destinati alla crescita e alla formazione.
Indice:
- Diminuzione negli investimenti industriali: l’esempio di Brescia
- Dalla metallurgia alla moda: i settori coinvolti
- In calo internazionalizzazione e ricerca, ma cresce la digitalizzazione
- Ore di lavoro in picchiata a causa del lockdown.
Internazionalizzazione, ricerca e sviluppo e formazione. Sono questi i tre segmenti che hanno risentito di più del crollo degli investimenti nel settore industriale avvenuto nel 2020. Si tratta di una delle principali conseguenze della pandemia di Covid-19 sul tessuto economico italiano, ancora più della diminuzione generalizzata della produttività.
A risentirne maggiormente sono state le zone più ricche e industrializzate del Paese, dove spesso il virus ha colpito in maniera più dura anche a livello di contagi e di vittime. L’esempio concreto viene dal Bresciano, territorio che da oltre un anno fa i conti con una situazione difficile. La diminuzione degli investimenti è confermata dal Booklet Economia del Centro Studi di Confindustria Brescia, pubblicato circa un mese fa e arrivato alla sua decima edizione.
Un calo diffuso a vari comparti
Secondo il rapporto, nel 2020 in provincia di Brescia c’è stato un calo medio dell’11% negli investimenti in ambito industriale rispetto al 2019. Le difficoltà non riguardano un solo comparto, ma sono generalizzate. I ribassi più elevati si riferiscono ai settori della metallurgia (-37%) e dei minerali non metalliferi (-13%). Sono però interessati direttamente anche la meccanica (-8%) e la moda (-1%), tra i fiori all’occhiello del manifatturiero bresciano.
All’interno di una situazione complessa non mancano comunque dati in controtendenza, seppur leggera. Nel 2020 gli investimenti sono rimasti sostanzialmente invariati, nel confronto con l’anno precedente, nei comparti della plastica, della gomma e in quello chimico. Va meglio l’alimentare, forte di un incremento del 5% rispetto al 2019.
Giù l’internazionalizzazione, su le tecnologie
Dal Booklet Economia di Confindustria Brescia emerge inoltre una forte diminuzione nel fondi destinati all’internazionalizzazione (-39% dal 2019). Il saldo è negativo anche per le spese riservate alla ricerca e sviluppo (-27%) e alla formazione (-18%). Si tratta di fattori di crescita su cui le imprese del territorio puntavano molto prima della pandemia, ma che per motivi di forza maggiore sono stati messi un po’ in secondo piano nel corso del 2020.
A fare da parziale contraltare c’è l’aumento negli investimenti nelle tecnologie e nella digitalizzazione, che l’anno scorso sono cresciuti dell’11% rispetto al 2019.
La crisi dei fatturati
La pandemia non ha provocato solo un ribasso negli investimenti industriali, ma anche una diminuzione media del fatturato delle imprese. Secondo il rapporto, nel Bresciano questo calo è stato dell’11% nel 2020, con numeri pesanti per i settori dei minerali non metalliferi (-18%), della metallurgia (-13%), della moda (-13%) e della meccanica (-12%). La contrazione del fatturato ha comunque riguardato molti altri comparti, anche se qui la situazione è meno complessa. Il chimico per esempio ha chiuso il 2020 con un ribasso del 4%, alla pari dell’alimentare.
Durante il lockdown primaverile dell’anno scorso varie realtà industriali hanno dovuto temporaneamente chiudere i battenti. Questo ha comportato una diminuzione delle ore di lavoro, che in media nel Bresciano sono calate del 12% nel confronto con il 2019. Anche in questo caso a risentirne maggiormente è stato il comparto dei minerali non metalliferi (-16%). Il ribasso ha riguardato però anche la meccanica (-14%), la metallurgia (-13%) e la moda (-12%), che si dimostrano essere ancora una volta tra i settori che hanno pagato più a caro prezzo la crisi provocata dal Covid-19.