La pandemia ha colpito pesantemente il comparto occupazionale. Nei prossimi mesi verranno quindi adottate misure finalizzate ad aiutare i giovani e chi vuole ricollocarsi
Indice:
1) Mercato del lavoro: i fronti su cui agisce l’esecutivo
2) Le novità per i contratti a termine
3) Blocco della causali e formazione duale: due elementi importanti
4) Cosa cambia per il contratto d’espansione
5) Dal Gol all’Adr, gli strumenti per aiutare chi è in cerca di impiego
La pandemia di Covid-19 ha avuto pesanti ripercussioni sull’economia italiana, in particolare per quanto riguarda il mercato del lavoro. Il governo guidato da Mario Draghi ha deciso di porre rimedio a questa situazione complessa mettendo in campo una serie di interventi, soprattutto in vista della stagione estiva e, in generale, nell’ottica di una ripartenza del Paese. Dalle stabilizzazioni dei contratti alla formazione, sono diversi i fronti su cui l’esecutivo intende agire nei prossimi mesi.
Contratti a termine, la strada per i giovani
I giovani sono stati tra i più penalizzati dalla situazione che si è venuta a creare dopo lo scoppio della pandemia. Ora di conseguenza il governo mira a facilitarne l’ingresso nel mondo del lavoro stimolando i contratti a termine, che rappresentano uno strumento spesso adottato dalle aziende per assumere nuove leve.
L’esecutivo sta pianificando due vie di intervento: da una parte congelare l’addizionale dello 0,5% introdotta dal decreto Dignità, che a ogni rinnovo del contratto pesa sulle imprese; dall’altra punta invece a introdurre nuovi mezzi per incentivare la stipula di contratti a termine e il successivo passaggio al tempo indeterminato.
Tra causali bloccate e formazione duale
Una prima azione di promozione dei contratti a termine è stata introdotta con il decreto Sostegni: la possibilità per le imprese di rinnovare questi accordi contrattuali senza dovere ricorrere alle casuali. Al momento questo è previsto solo fino al termine del 2021, ma si tratta comunque di un incentivo importante nei confronti delle attività produttive. Dal 2018, ovvero dall’approvazione del decreto Dignità, le aziende hanno infatti l’obbligo di motivare l’assunzione di lavoratori a tempo determinato, adducendo per esempio ragioni organizzative o tecnico-produttive. Le causali rappresentano però un’arma a doppio taglio, in quanto fanno spesso sorgere contenziosi tra le imprese e i dipendenti.
Nel prossimo futuro il governo punterà inoltre a rafforzare il cosiddetto sistema di formazione duale, che mira a far incontrare le esigenze del mondo scolastico e di quello produttivo. Si tratta di programmi di specializzazione per gli studenti, i quali hanno la possibilità di alternare la frequenza delle lezioni in aula e le attività pratiche nelle aziende. Il sistema duale rappresenta un elemento su cui si fonderà sempre più il mercato del lavoro in Italia.
Contratto d’espansione: si punta ad allargare la platea
Il governo sta inoltre pensando di intervenire sul contratto d’espansione, una modalità prevista per i lavoratori che si trovano a meno di 60 mesi dalla prima decorrenza utile per poter andare in pensione. Attualmente il contratto d’espansione vale per le realtà con almeno 250 dipendenti, ma l’esecutivo vorrebbe abbassare questa soglia, portandola a quota 100 e allargando quindi la platea dei beneficiari.
Grazie al contratto d’espansione, i dipendenti che hanno cessato il rapporto di lavoro con un’azienda possono ottenere comunque un’indennità mensile, il cui importo è calcolato sulla base dei requisiti pensionistici maturati in precedenza.
Gol e Adr: due sigle da conoscere
Tra le mosse più importanti del governo c’è poi lo stanziamento di 500 milioni di euro per la creazione del Gol, acronimo che indica la Garanzia di occupabilità dei lavoratori. Si tratta di un programma finalizzato a ricollocare le persone attualmente senza impiego, che entrerà in vigore nel corso del 2021.
L’Adr, l’Assegno di ricollocazione, è invece uno strumento su cui l’esecutivo fa già affidamento. Chi è in cerca di occupazione può ottenere questo voucher – entrato ufficialmente a regime da circa tre anni – e utilizzarlo nelle agenzie per il lavoro e nei centri per l’impiego riconosciuti. Questi ultimi, se riescono a inserire nuovamente il disoccupato nel mondo produttivo, possono ottenere un importo che va da un minimo di 250 a un massimo di 5.000 euro.