Prospettive a lungo termine, formazione e continua ricerca hanno reso ESA Pyronics leader nella fornitura di soluzioni complete per combustioni industriali. Una realtà internazionale partita da Curno, in provincia di Bergamo, approdata in Belgio e, infine, anche in Asia con l’apertura della sede indiana. Insieme al Technical Manager, Andrea Baio, abbiamo ripercorso la storia dell’impresa, i successi raggiunti e i progetti futuri.
ESA Pyronics si occupa di fornire soluzioni complete per combustioni industriali in molteplici settori. Ci racconta più nel dettaglio di cosa si tratta?
ESA Pyronics è un’azienda nata per rispondere a esigenze di riscaldo nei forni industriali. Dagli anni ‘70 ci occupiamo di combustione industriale e delle sue applicazioni in campi differenti, ovunque subentri la necessità di un riscaldo diretto o indiretto. Il core business dell’azienda è la produzione di bruciatori, anche se realizziamo una serie di accessori e di strumentazioni che consentono di consegnare al cliente un impianto di combustione completo.
Quali sono i pilastri che hanno contribuito a rendere l’azienda così solida?
ESA Pyronics fa parte del Gruppo SIAD, leader mondiale nella produzione di gas tecnici, e di conseguenza è caratterizzata da una solidità finanziaria straordinaria, una precisa reputazione sul mercato e prospettive a lungo termine, che permettono di fornire prodotti innovativi e di rispondere alle richieste del mercato. Inoltre, un altro pilastro fondamentale è sicuramente il basso turn over del personale: chi arriva in ESA rimane, perché la nostra è una realtà dinamica in cui ogni giorno si sperimentano cose nuove.
Ha parlato di personale. Per il successo di un’azienda quanto conta, secondo lei, il capitale umano?
Il personale è fondamentale. Le società non sono fatte di prodotti, ma di persone che concorrono, in ogni ruolo aziendale, al raggiungimento di un obiettivo. Quindi, tutti sono importanti: da chi riceve l’ordine a chi fisicamente spedisce il prodotto. ESA è una grande azienda: siamo una quarantina in Italia, una decina in Belgio e una ventina in India, però ci conosciamo tutti. Reputo che il rapporto con i colleghi sia fondamentale, perché attraverso il confronto nascono nuove idee. Inoltre, anche il Gruppo SIAD è molto attento al capitale umano e – nonostante si tratti di una grande realtà che fattura 750 milioni di euro l’anno – ha una visione ancora ‘familiare’ dell’impresa in cui il benessere del dipendente è al primo posto.
Fare ricerca è essenziale perché permette alle imprese di crescere, innovarsi e anche di contribuire allo sviluppo tecnologico. In azienda è presente un Centro Ricerche sulla Tecnologia delle Combustioni, ci racconta cosa succede all’interno?
Fare ricerca è molto importante ed è quello di cui mi sono occupato non appena entrato in ESA. L’azienda si è sempre dedicata alla ricerca, ma nel 2005 è nato un polo specializzato con 6/7 forni per effettuare test sulla combustione, sulle performance dei bruciatori e sulle emissioni in ambiente. Inoltre, sviluppiamo sia bruciatori standard, sia bruciatori special per il cliente, realizzando, in tal modo, anche prodotti customizzati. Nel 2021 abbiamo investito circa 400 mila euro per avviare 15 progetti differenti di ricerca e sperimentare alcuni prototipi.
Su cosa state lavorando al momento?
Principalmente sulla decarbonizzazione ed effettuiamo prove su qualsiasi tipo di combustibile. In questo momento il focus è sul gas naturale, ma progressivamente l’attenzione si sta spostando sull’idrogeno. Nel Centro Ricerche e Sviluppo abbiamo una direct lines di gas naturali e di idrogeno e una linea per alimentare bruciatori a ossigeno. Testiamo, inoltre, qualsiasi tipo di combustibile liquido come i gasoli e oli pesanti, ma anche gas speciali provenienti da processi come i gas di altoforno.
I prodotti da voi realizzati sono indirizzati a più settori industriali. Qual è stato, secondo lei, il settore più colpito dalla pandemia?
Non credo ci sia stato un settore più colpito, tutti lo sono stati e allo stesso modo. Quello che noi abbiamo notato è stato un rinvio degli investimenti. La conseguenza naturale è stato il blocco di alcune commesse e un ritardo di quelle in corso. Di annullamenti ne abbiamo visti pochi, e dopo lo stop causato dal lockdown totale il mercato si è abbastanza ripreso.
Molte aziende si stanno muovendo verso soluzioni ‘green’. Quale può essere il ruolo della combustione industriale in questo contesto nei prossimi anni?
Dal mercato arrivano continuamente richieste di soluzioni ‘green’. Il settore industriale in cui operiamo è il terzo per produzione di gas serra al mondo e rappresenta circa il 20% della produzione di CO2 mondiale. Attualmente, attraverso il Recovery Plan e il Pnrr si parla spesso di idrogeno. Come azienda riteniamo che percorrere la strada dell’idrogeno sia la via principale per la decarbonizzazione, stiamo già sviluppando dei prototipi e continueremo anche in futuro. Non pensiamo che una sola tecnologia primeggerà sulle altre, ma per seguire la ‘road map’ dell’European Green Deal alcuni passaggi sono imprescindibili: il primo è l’efficientamento energetico, perché abbiamo già gli strumenti per attuarlo e riuscire a tagliare il 25%/30 % della CO2.
Quali i passaggi successivi?
Sicuramente l’utilizzo dell’idrogeno per la combustione nonostante tutte le problematiche legate all’approvvigionamento. Infatti, ad oggi, non c’è una produzione di idrogeno tale per cui si possa pensare di bruciarlo direttamente nei forni industriali. Infine, altra tecnologia di applicazione dove noi stiamo lavorando sono i combustibili di sintesi: i cosiddetti E-fuels come il biometano, il biodiesel, il bioetanolo ma anche l’ammoniaca, più semplici da trasportare.
Ha fatto un accenno ai provvedimenti messi in atto per incentivare la ripresa. Ritiene che il Pnrr sia sufficiente per dare un aiuto concreto alle imprese?
Il Pnrr ha delle basi molto valide. Un piano di azione era doveroso soprattutto considerando le scadenze da rispettare: il 2030 e il 2050. Quella del 2030 mi preoccupa, e non poco, perché prevede il taglio del 55% delle emissioni di CO2. Poi dal 2030 al 2050 sono sicuro ci sarà tempo a sufficienza per arrivare a soluzioni industrializzabili. Spero, però, che la quantità di denaro stanziato non sia frammentato su centinaia di progetti ma venga investito correttamente. Il Pnrr sarà utile se condurrà a soluzioni industrializzabili e pratiche. Le idee ci sono ma purtroppo molte di esse sono bloccate dai limiti tecnologici che abbiamo sui materiali. Bisogna sempre tenere in mente i costi per le aziende: se il costo dell’idrogeno diventerà competitivo allora il passaggio sarà naturale, se invece, come adesso manterrà un prezzo di sei/otto/dieci volte il gas naturale il suo utilizzo sarà difficile.
La vostra avanguardia vi ha permesso di depositare diversi brevetti. Quali sono i progetti futuri?
Il brevetto nasce per difendere un Know-how e rappresenta un vantaggio competitivo sul mercato. Dal 2016 a oggi ne abbiamo depositati due molto importanti su prodotti destinati al settore acciaio ma non solo. Da poco abbiamo registrato il brevetto per una valvola: stiamo cercando di diventare produttori a 360°, per fornire al cliente un servizio completo. Adesso stiamo per depositare un nuovo brevetto per un bruciatore a idrogeno e a miscela di idrogeno. Tutti i nostri brevetti sono nazionalizzati in Unione europea e in quei Paesi dove abbiamo un grande business come Stati Uniti, Giappone, Corea, Cina, India e Russia.