Per la prima Assemblea del suo secondo mandato da presidente di Federacciai, il professor Antonio Gozzi ha scelto la strada della chiarezza estrema perché, verosimilmente, non è (più) il tempo delle mezze misure e dei cerchiobottismi. Uno dei comparti industriali più importanti del Made in Italy, una delle eccellenze del Paese, non può restare immobile e non può difendersi da sola. Così Gozzi, prendendo la parola in uno dei padiglioni dell’immensa Fiera di Rho, non l’ha toccata proprio pianissimo. Ha richiamato l’Europa alle sue responsabilità e sollecitato il Governo di Giorgia Meloni ad agire, ha profilato un futuro sempre più decarbonizzato per il mondo siderurgico in maniera da diventare “campioni del mondo” perché adesso “siamo campioni d’Europa”. Traguardo ambizioso, da raggiungere esplorando frontiere al momento vietatissime, come quella del nucleare. Supportato, in questo, dalle promesse del ministro Urso, reduce da un viaggio in Romania in cui ha consolidato l’idea che noi, come sistema Paese, non possiamo rimanere indietro.
“Siamo i siderurgici più green d’Europa e l’Italia è il Paese europeo con la più alta produzione di acciaio decarbonizzato (oltre 80 percento) e questo ci permette di rivendicare tale primato ai tavoli europei”, ha cominciato Gozzi. Ma l’interlocuzione con Bruxelles non è facile, tutt’altro, quasi un muro contro muro: “Estremismo e ideologia in campo ambientale, estremismo finanziario e mercatista, non considerazione adeguata da parte delle istituzioni europee della centralità dell’industria, crescenti asimmetrie competitive fra gli Stati gravano come macigni sul futuro economico e sociale dell’Unione. L’Europa deve cambiare approccio e deve farlo rapidamente, pena una vera e propria desertificazione industriale del continente”.
Un chiodo fisso, quello della Ue. Nella sua compattezza, Federacciai chiede a Commissione e Parlamento un cambio di passo. “Non esiste un piano europeo per la siderurgia: il vero pensiero che si coglie è che l’acciaio sia il passato e che parte della produzione siderurgica debba lasciare l’Europa. Ma l’acciaio non è il passato , anche l’Europa deve sostenere lo sforzo di decarbonizzazione in siderurgia”, la denuncia del presidente. E ancora: “Bisogna non perdere mai di vista la competitività delle nostre imprese perché solo in questo modo la transizione può essere virtuosa ambientalmente e sostenibile economicamente e socialmente”.
Se è vero che la strada non è breve e, a tratti, potrà sembrare disagevole, è innegabile che debba essere intrapresa subito e senza tentennamenti. Soprattutto, dicono in Federacciai, senza incagliarsi in ideologie sorpassate. Un esempio? Eccolo: “Con riferimento all’energia nucleare, che ancora oggi rappresenta il 25% della produzione elettrica europea, vogliamo esprimere al Governo, anche in questa sede, il nostro totale sostegno alla ripresa anche in Italia di questa opzione. Sappiamo che molti dicono che per l’ltalia è troppo tardi e che i costi sarebbero troppo elevati. Sappiamo però anche che la velocità dell’innovazione tecnologica, l’avvento del nucleare di quarta generazione e dei microreattori rappresentano un’opportunità straordinaria, da non perdere”, ha teorizzato Gozzi.
Se l’Ucraina è un’opportunità da sfruttare “per l’elettrosiderurgia italiana”, i casi dell’ex Ilva e di Piombino non sono da trascurare. “Gli interventi sono stati imponenti e, probabilmente, Taranto oggi è l’impianto siderurgico più ambientalizzato del mondo”, ha sottolineato il presidente di Federacciai, “Per nostro difetto storico di comunicazione e per l’incapacità di narrare la siderurgia italiana per quello che è, cioè un settore industriale avanzato e di eccellenza, i punti problematici e di crisi, e cioè Taranto e Piombino, spesso nell’immaginario collettivo sono diventati l’esempio di come l’acciaio sia sporco, brutto e cattivo e di come alla parola acciaio si associ la parola crisi – ha spiegato -. Vi abbiamo raccontato perché non è così. Ormai più dell’80% dell’acciaio prodotto in Italia non è fatto né a Taranto né a Piombino ma nei mini-mills elettrici e decarbonizzati del Nord, protagonisti della più grande macchina europea di economia circolare”.