
29 Luglio 2024
Il 26 luglio si è svolto il quarto incontro tra Federmeccanica, Assistal e Fim, Fiom, Uilm, per il rinnovo del contratto nazionale dei metalmeccanici, con al centro i temi del mercato del lavoro, delle politiche attive e degli appalti. Si tratta del quarto appuntamento di confronto, al termine del quale le parti hanno fissato per il 19 settembre il prossimo incontro.
Di seguito la nota diramata da Federmeccanica a conclusione della riunione.
“Federmeccanica, oltre a rispondere alle richieste di FIM FIOM UILM, anche in questa occasione ha indicato le traiettorie da seguire per portare avanti il Rinnovamento avviato nel 2016. Nel settore Metalmeccanico, flessibilità non è sinonimo di precarietà: la conferma che il contratto a tempo indeterminato sia la principale forma di occupazione arriva dai dati in nostro possesso (…).
Come risulta dall’indagine annuale di Federmeccanica, il 95% degli occupati delle imprese intervistate ha un contratto a tempo indeterminato e il 36% delle nuove assunzioni stabili sono trasformazioni di contratti a termine o in somministrazione. Non solo, ci sono molteplici esempi di percorsi di stabilizzazione definiti a livello aziendale.
Abbiamo raccolto alcuni esempi di casi aziendali, anche recepiti in Accordi di secondo livello, che prevedono percorsi di stabilizzazione e/o di trasformazione di contratti temporanei o in somministrazione in contratti di lavoro subordinato a tempo indeterminato.
La stabilizzazione o la trasformazione di contratti temporanei o in somministrazione in contratti a tempo indeterminato può avvenire unicamente in presenza di condizioni oggettive e soggettive che soltanto a livello aziendale è possibile valutare. Ci sono anche casi di contratti temporanei che non si stabilizzano, ed è del tutto fisiologico visto che sono previsti proprio per soddisfare esigenze contingenti (…). I contratti a termine quindi sono uno strumento positivo, sia per rispondere alle necessità di avere un organico adattabile alle variabili di mercato, sia come canale occupazionale; pertanto il contratto a termine andrebbe valorizzato anche come strumento di politica attiva, soprattutto per favorire l’accesso al mercato del lavoro di persone che possono essere più a rischio disoccupazione. I lavoratori in somministrazione, che siano a tempo determinato o a tempo indeterminato, devono avere lo stesso trattamento dei dipendenti assunti direttamente dalle aziende.
L’occupabilità è l’obiettivo su cui concentrarsi. Il che non significa imporre dall’alto l’assunzione a tempo indeterminato di dipendenti con contratto temporaneo, poiché così si creerebbero fin da subito potenziali eccedenze, con i conseguenti problemi sociali che poi ne deriverebbero. Tuttavia, è possibile creare i presupposti per la ricollocazione di coloro il cui contratto temporaneo scade. In questo caso si deve puntare sull’ulteriore sviluppo delle competenze, fornendo alle persone strumenti facilmente utilizzabili, partendo dalle competenze maturate in azienda.(…).
Se non è chiaro si può chiarirlo ancor di più.
Accanto al contratto a tempo indeterminato abbiamo l’apprendistato, che va promosso e potenziato anche in un’ottica di inserimento al lavoro. L’apprendistato duale, in particolare, può essere semplificato e rafforzato anche prendendo spunto da esperienze territoriali esistenti. L’apprendistato inizia il percorso che con la formazione prosegue, ed è proprio l’apprendimento permanente il cuore delle politiche attive. Il CCNL del 2021 ha dato un contributo importante in tal senso con MetApprendo grazie al quale, tra le altre cose, è stato introdotto il fascicolo digitale del lavoratore utilizzando la tecnologia blockchain.
Nel fascicolo – di cui è titolare il lavoratore – viene registrata tutta la formazione fatta dal dipendente ed è portabile, rappresentando così uno strumento utile anche per le politiche attive, essendo presenti tutti i dati – certificati – relativi al percorso formativo svolto.
L’aggiornamento e lo sviluppo delle competenze, oltre a favorire la crescita professionale sono anche funzionali all’occupabilità delle persone.
Non c’è dubbio che le politiche attive siano uno strumento fondamentale non solo per ridurre la disoccupazione ma anche per favorire la crescita professionale e personale delle persone.
L’efficacia delle politiche attive dipende da un’azione di sistema e il ruolo centrale deve essere svolto dallo Stato sia a livello nazionale che periferico in particolar modo regionale. Innanzitutto attraverso norme di legge mirate, poi con un’azione mirata sul campo. Serve un coordinamento tra operatori e occorre evitare sovrapposizioni normative che avrebbero un impatto negativo: ad esempio ci sono già norme che prevedono l’indicazione di misure sociali da parte delle aziende che avviano processi di ristrutturazione.
Un eventuale intervento normativo dovrebbe contemplare il ridisegno complessivo dell’impianto esistente a partire dalle leggi vigenti, mentre non si possono aggiungere ulteriori procedure in un modello che oggi non le contempla.
Le politiche attive per funzionare dovrebbero essere collegate alle politiche industriali al fine di far convergere i problemi che potrebbero esserci con le opportunità che potrebbero emergere.
L’Osservatorio Nazionale che già ha svolto un ruolo propositivo sulle politiche industriali, potrebbe affrontare anche il tema delle politiche attive, in modo da stimolare un dibattito sulla revisione del quadro normativo in essere.
Le imprese del Settore metalmeccanico generano occupazione sia in maniera diretta che indiretta attraverso l’indotto.
La metalmeccanica non solo trasferisce innovazione in tutti i settori producendo la totalità dei beni di investimento, ma crea anche lavoro al di fuori del proprio perimetro grazie ai rapporti di fornitura.
Le aziende appartenenti ad altri Settori è corretto che mantengano il proprio Contratto Collettivo Nazionale, così come lo devono mantenere le aziende metalmeccaniche quando sono appaltatrici di imprese di differenti categorie.
La nuova normativa del marzo scorso prevede che al “personale impiegato nell’appalto di opere o servizi e nel subappalto spetta un trattamento economico e normativo complessivamente non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale e territoriale stipulato dalle associazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, applicato nel settore e per la zona strettamente connessi con l’attività oggetto dell’appalto e del subappalto”.
Si tratta di una garanzia che fornisce tutele ampie e sostanziali.
Con riferimento agli appalti interni è possibile valutare l’utilizzo comune di alcuni ambienti (es. refezione, infermeria) e la possibilità di affissione di materiale sindacale, nel caso si tratti di appalti continuativi di lunga durata e compatibilmente con la disponibilità di spazi congrui nonché con l’organizzazione del lavoro dell’azienda appaltante.
I Contratti di appalto sono uno strumento molto importante sia per l’occupazione sia per l’efficienza, consentendo di avvalersi di competenze specialistiche con una forza lavoro equilibrata.
Non c’è spazio per nulla di opaco, tutto ciò è ben chiaro e può essere reso ancor più trasparente.
Per questo si può studiare la creazione in via sperimentale di una infrastruttura digitale per le aziende metalmeccaniche – attraverso la tecnologia blockchain – nella quale riportare i dati obbligatori per legge che le aziende appaltatrici devono fornire all’appaltante.
Partendo dall’esperienza fatta in MetApprendo con la blockchain, sarà possibile valutare la sua applicazione all’ambito degli Appalti.
Il Contratto Nazionale è un tassello del mosaico composto anche dalle leggi e dagli accordi aziendali, che devono integrarsi e non sovrapporsi tra loro.