Federmeccanica, i dati dell’ultima indagine congiunturale

Il documento fotografa il settore industriale anche nei rapporti verso l’estero

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Sono stati diffusi oggi i risultati della 172esima edizione dell’Indagine congiunturale di Federmeccanica sull’Industria Metalmeccanica – Meccatronica italiana. Nel terzo trimestre dell’anno in corso, la complessità del contesto generale presenta elementi di elevata incertezza con ripercussioni negative sull’attività industriale delle principali economie europee.

Tra luglio e settembre, nel nostro Paese la produzione industriale ha continuato a contrarsi dello 0,6% rispetto al trimestre precedente e, nel confronto annuale, la riduzione è stata dell’1,9%. La situazione più critica si riscontra nel settore metalmeccanico/meccatronico: nel terzo trimestre il calo produttivo è stato dell’1,6% rispetto al secondo, mentre, con riferimento a luglio-settembre 2023, la contrazione è stata del 3,9%.

Nei primi nove mesi del 2024, a condizionare l’attività produttiva metalmeccanica è stata, in particolar modo, la caduta della produzione di Autoveicoli e rimorchi con volumi trimestrali in significativa contrazione soprattutto nella prima metà dell’anno. Le dinamiche produttive sono state disomogenee nei diversi comparti e questo anche perché il settore metalmeccanico/meccatronico è un settore fortemente eterogeneo sia per l’inclusione di una vasta gamma di attività produttive, molto diversificate tra loro, sia per le differenti dimensioni che caratterizzano le imprese metalmeccaniche. Il peggioramento è comunque generalizzato e anche chi si trova in territorio positivo (solo due comparti su sette) ha visto ridurre le proprie performance.

Nell’Unione europea l’attività metalmeccanica continua a essere in forte sofferenza: nel periodo gennaio-settembre 2024 la produzione è diminuita del 5,9% rispetto al 2023. Nell’ambito dei principali Paesi dell’area, la produzione metalmeccanica in Germania, nella media di periodo, si è ridotta del 7,6%; in Francia l’attività produttiva è mediamente diminuita del 3,8% nel confronto con i primi nove mesi del 2023; infine, in Spagna la contrazione è stata contenuta e pari a -0,5%.

In tale contesto, anche l’export del nostro Paese peggiora. Nel periodo gennaio-settembre 2024, il settore metalmeccanico ha destinato verso l’estero prodotti per un valore pari a 206 miliardi di euro evidenziando una riduzione del 3,7% rispetto ai primi nove mesi del 2023, che è molto più accentuata rispetto alla flessione dell’export totale del nostro paese    (-0,7%). Le importazioni si sono ridotte del 4,1% e l’avanzo commerciale è così risultato pari a 36,8 miliardi di euro. I risultati trimestrali dell’export metalmeccanico, in questi primi nove mesi del 2024, permangono negativi e in peggioramento in corso d’anno: se nel primo trimestre il calo tendenziale è stato, infatti, del 2,3% nei successivi si è andato ampliando con una caduta di oltre il 4%. Con riferimento alle aree di destinazione, nel periodo gennaio-settembre 2024, le esportazioni dirette verso l’Unione Europea sono diminuite del 5,4% su base annua e il calo, pur avendo interessato tutti inostri principali partner commerciali, è stato determinato in particolar modo dal crollo registrato sul mercato tedesco (-10,6% rispetto ai primi nove mesi del 2023). Più contenuta è stata la contrazione dei flussi indirizzati verso i mercati esterni all’area (-1,9%) ma occorre evidenziare il calo osservato per il mercato statunitense (-7,1%).

I risultati della consueta indagine trimestrale evidenziano un marcato peggioramento della congiuntura settoriale con picchi negativi superati solo nella fase più critica della pandemia. Nello specifico, il 41% delle imprese intervistate dichiara un portafoglio ordini in peggioramento e sale al 42% (dal 39% della scorsa rilevazione) la quota di imprese che si ritiene insoddisfatta delle consistenze in essere; il 32% delle imprese prospetta una contrazione nei livelli di produzione totale a fronte del 23% che prevede di aumentarli (inferiore al precedente 26%); peggiora, salendo al 13%, la percentuale di imprese che valuta “cattiva o pessima” la situazione della liquidità aziendale (era pari al 7% nella scorsa indagine); aumenta la quota di imprese che prevede una riduzione dei livelli occupazionali nei prossimi sei mesi: 20% rispetto al 14% di fine giugno. Infine, poco più di un terzo delle imprese rispondenti (33%) pensa, rispetto al passato, di aumentare le attività di investimento nei prossimi 6-12 mesi, mentre sono quasi la metà (48%) quelle non ne prevedono di nuove a fronte del 19% che, invece, dichiara di volerle ridurre.

Il vicepresidente di Federmeccanica, Diego Andreis, ha commentato: “Siamo in grandissima difficoltà. La crisi del nostro Settore è certificata da dati che purtroppo non lasciano spazio a dubbi. I risultati a consuntivo continuano ad essere molto negativi rispetto sia al trimestre passato sia allo stesso periodo dell’anno precedente. Le prospettive evidenziano un quadro in ulteriore peggioramento su tutta la linea. È anche chiaro l’impatto che la meccanica ha sul resto dell’Industria. Quando andiamo male tutti ne risentono considerando il peso del nostro Settore che vale l’8% del PIL e circa il 50% dell’export nazionale. Paghiamo a caro prezzo l’instabilità a livello globale che aggrava problemi strutturali di competitività in una fase di profonde trasformazioni. Sono in atto cambiamenti epocali che possono mutare strutturalmente il modo di fare impresa. Si tratta di una fase di passaggio delicatissima caratterizzata da equilibri molto fragili che possono definitivamente saltare con poco. Invece occorre fare tanto, a partire dalle politiche industriali a livello sia europeo sia nazionale, come è avvenuto negli Stati Uniti e anche in Cina. I fondi vanno aggiunti e non tolti e le risorse devono essere ben utilizzate. È il momento della responsabilità per proteggere un tessuto industriale composto da imprese esposte a forti turbolenze che ne mettono a rischio la tenuta. Tutti devono fare la propria parte per non lasciare indietro nessuno, noi come sempre faremo la nostra”.

Il Direttore Generale di Federmeccanica Stefano Franchi ha aggiunto: “Nonostante la grave situazione delle nostre imprese, nella meccanica c’è stato un incremento delle retribuzioni contrattuali che non ha eguali rispetto al complesso dell’industria. La crescita dei salari è stata significativa come emerge in maniera chiara dai dati ufficiali. Tutto ciò mentre i fatturati scendevano e il Costo del Lavoro per unità di prodotto (CLUP) aumentava per effetto di una bassa produttività a fronte di un evidente incremento del costo del lavoro. La nostra Proposta per il rinnovo del CCNL oltre a dare risposte concrete a importanti problemi di natura sociale – che portano anche benefici economici alle persone – prevede una maggiore redistribuzione in presenza di un adeguato livello di profittabilità, mantenendo l’adeguamento dei minimi tabellari all’inflazione (IPCA NEI). La ricchezza si può distribuire solo dove viene prodotta e dopo che è stata prodotta. Serve l’impegno di tutti per aumentare la marginalità delle imprese e, una volta raggiunto questo obiettivo, vanno riconosciuti aumenti aggiuntivi rispetto all’inflazione, che viene sempre coperta. Questo è necessario per attivare un circuito virtuoso ed evitare ogni circolo vizioso. Il concetto è semplice, non è possibile redistribuire quello che non c’è, e una quota dei margini va destinata agli investimenti e all’innovazione per dare un futuro alle imprese e a chi ci lavora. Anche questa indagine ci dice che pur in presenza di grandi difficoltà le nostre imprese continuano ad investire, continuano a dare un contributo sostanziale all’intero Sistema, ma non possono essere lasciate sole”.

Ci sono anche due altri aspetti che emergono dall’indagine trimestrale. Per quanto riguarda le difficoltà connesse ai trasporti e alla logistica, già nell’edizione di fine giugno era emerso il crescente disagio vissuto dalle imprese a causa delle problematiche di attraversamento del Mar Rosso, risultato confermato anche nel presente rapporto: per il 50% delle rispondenti, le complicazioni dei traffici marittimi nella zona rappresentano un importante intralcio per l’attività aziendale. Inoltre, il 37% delle imprese risente delle difficoltà legate alle insufficienze infrastrutturali nazionali come colli di bottiglia, prolungati ed estesi lavori di manutenzione delle reti, la non ottimale intermodalità nel trasporto delle merci. Per il restante 13% l’impedimento maggiore è rappresentato dalle problematiche di attraversamento dei valichi alpini e questo vale in particolar modo per gran parte delle realtà produttive collocate nelle regioni del Nord Italia.

L’altro aspetto riguarda l’andamento delle retribuzioni, il fatturato e il costo del lavoro per unità di prodotto. Nel 2024, le retribuzioni contrattuali del settore metalmeccanico/meccatronico hanno mantenuto un livello di gran lunga più alto rispetto al complesso dell’industria evidenziando, nel confronto, un tasso di crescita di circa il 40%. Il fatturato settoriale, tendenzialmente più contenuto di quello realizzato nell’industria in senso stretto, anche a settembre 2024 si è collocato al di sotto di circa 4 punti percentuali. Infine, la dinamica del costo del lavoro per unità di prodotto è risultata molto penalizzante: nel triennio 2021-2023 è infatti cresciuta del 6,4% per effetto di una bassa produttività (+1,2) e di un sostanziale incremento del costo del lavoro (+7,7%).