Gay: Riforme, digitale e innovazione devono essere la priorità

La ricetta di Confindustria Piemonte per la ripresa

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Il momento peggiore sembra essere alle spalle e si può guardare al futuro con un po’ più di ottimismo. A patto, però, di intraprendere la strada delle riforme, ormai non più rinviabili, di saper cogliere le opportunità connesse ai fondi di NextGenerationEu e di accelerare sulla campagna vaccinale. È questa la ricetta che Marco Gay, presidente di Confindustria Piemonte, propone per uscire dalla crisi innescata dall’emergenza sanitaria. Linee guida buone sia per la ripresa delle aziende piemontesi, ma per tutta l’industria nazionale. Ne abbiamo parlato insieme a lui.

 

Presidente, l’indagine congiunturale realizzata da Confindustria Piemonte sul primo trimestre di quest’anno lascia intravedere alcuni segnali positivi: quali ritiene siano i più incoraggianti in vista dei prossimi mesi?

Come ha riconosciuto anche il premier Mario Draghi, “le aziende italiane non si sono mai fermate”. La nostra indagine, che coinvolge oltre mille imprese insieme a molti altri indicatori anche internazionali, conferma la voglia di andare avanti. Certo, alcuni settori soffrono di più: il commercio e il turismo da quasi un anno attendono un data certa per ripartire e gli stop and go, in tutti i settori, sono traumatici, basti pensare al settore della montagna. La manifattura, invece, dopo il blocco totale di un anno fa, viaggia a un ritmo costante perché ha saputo riorganizzarsi e darsi regole interne, per far convivere le norme sanitarie dovute al Covid-19 con l’attività produttiva. L’accelerazione annunciata della campagna vaccinale resta comunque l’unica soluzione praticabile ed efficace. Dove sono più avanti di noi – come in Cina, Stati Uniti e Regno Unito, per esempio – l’economia è ripartita.

 

Nella stessa indagine avete sottolineato come siano fondamentali le prossime scelte di politica industriale. Quale pensa sia la direzione da intraprendere in questo senso?

Insieme a importanti scelte di politica industriale, quello che serve sono le riforme. Confindustria da trent’anni chiede di semplificare il sistema fiscale, di avere tempi certi nella giustizia civile, oltre a un ridisegno nelle politiche sociali. Adesso queste riforme sono diventate improcrastinabili, perché necessarie per cittadini e imprese. E soprattutto perché, se non le facciamo, i fondi del NexGenerationEu non arrivano. Entro fine aprile va presentato all’Europa il nostro Pnrr, subito dopo Bruxelles vuole riforme concrete. Nel 2011 lo spread calò soprattutto perché in un mese il governo varò riforma delle pensioni e del lavoro. Oggi, senza queste riforme, anche l’Europa sa che sono soldi che andranno sprecati.

 

Di recente avete presentato in Regione il piano industriale. Ci spiega l’importanza di questo strumento, quali sono gli obiettivi principali che intendete raggiungere e su quali settori intendete puntare in modo particolare?

Innanzitutto, premetto, si tratta di un open-plan, che quindi si arricchisce giorno dopo giorno di proposte e contenuti. Sono stati individuati inizialmente quattro settori verticali: automotive, che occupa 60mila persone e che deve puntare sulla mobilità sostenibile; l’agrifood dove operano 100mila persone, che deve legarsi anche al turismo e al Bio; l’aerospaziale che impiega 14.800 persone e fattura 4 miliardi, che deve incalzare il progresso tecnologico con nuovi materiali e robotica; il tessile, con ampi margini di espansione nel bio-tessile e smart-textile. A questi si aggiungono due ambiti orizzontali di applicazione tecnologica: le tecnologie 4.0 per sviluppare un’industria sempre più sostenibile, e l’intelligenza artificiale, un mercato che cresce del 30% l’anno. Questi settori, se sapranno gestire gli obiettivi e sfruttare le opportunità legate ai fondi del NextGenerationEu, potrebbero portarci a una crescita del 3%, che in dieci anni ci consentirebbe di colmare il differenziale con le regioni più avanzate d’Europa.

 

Marco Gay, presidente Confindustria Piemonte

 

Lei si è detto favorevole ai vaccini in fabbrica. In che modo, secondo lei, la ripresa economica passa anche da qui?

Prima bisogna fare una premessa. Chiariamo che quando si parla di vaccini in fabbrica non vuol dire vaccinare solo i dipendenti, bensì offrire alla comunità, seguendo le indicazioni della struttura commissariale, degli spazi dentro le aziende dove poter vaccinare tutti: dipendenti, parenti dei dipendenti e chiunque venga indicato dalle Asl, seguendo regole identiche a quelle degli hub pubblici. Confindustria ha lanciato un sondaggio, cui hanno risposto circa 7.500 imprese: solo in Piemonte sono state 805 quelle che hanno messo a disposizione 1500 locali. Ora aspettiamo il piano vaccinale nazionale e, non appena potremo partire, sigleremo un accordo con la Regione per essere subito operativi e diventare un hub regionale d’avanguardia.

 

Si guarda al futuro, ma è indubbio che un anno di pandemia abbia lasciato strascichi. Quali sono i principali problemi che il manifatturiero piemontese deve affrontare dopo dodici mesi dall’inizio dell’emergenza sanitaria?

Come dicevo in precedenza, i problemi sono strutturali. Servono regole nuove che non penalizzino più le nostre imprese. Basta guardare ai permessi, che in Italia colpiscono durissimamente settori come infrastrutture e edilizia. Perdiamo anni, opportunità e spesso fondi europei non costruendo. Adesso, poi, questo settore paga anche l’impennata dei prezzi dei materiali: il costo delle barre di ferro-acciaio per il cemento armato da novembre è salito del 130%. L’ecobonus facciate al 110% va a rilento per l’eccesso di burocrazia, ma anche per questo boom dei prezzi. Queste sono le anomalie da correggere.

 

Quanto crede che potrà incidere il NextGenerationEu sulla ripresa dell’economia italiana?

Per la prima volta l’Italia ha la possibilità di scegliere il proprio futuro. Le risorse in ballo equivalgono a circa il 15% del nostro Pil, quindi questa mia affermazione potrebbe sembrare esagerata. In realtà, le risorse in arrivo sono un moltiplicatore, quindi l’impatto potrebbe essere imprevedibile. Pensiamo al settore energetico. Se ben utilizzati, i fondi per la transizione ecologica, che valgono un terzo del totale, potrebbero accelerare di molto la nostra indipendenza dalle fonti fossili, e potremo puntare tutto su rinnovabili e idrogeno. Non lo dico io, ma i numeri uno di Eni, Enel, Snam, Italgas e di tutte le multiutility. Che infatti si preparano a giocare un ruolo da protagoniste in una partita che vale tre triliardi di dollari entro il 2030.

 

 Secondo lei, siamo in ritardo rispetto ai nostri competitors internazionali?

La portata del piano NextgenerationEu è tale che nessuno può dirsi pronto. Inoltre, già si parla di un ampliamento delle risorse disponibili, inseguendo quanto fatto dagli Stati Uniti. Certamente la presenza di Mario Draghi ci pone al centro della scena, sia a Bruxelles che nella geopolitica atlantista, ma serve una visione europea. Il ritardo accumulato pesa sulla nostra capacità di competere, di crescere ed essere attrattivi. Nei prossimi anni si può recuperare, partendo dagli investimenti e dalla capacità di sviluppare un partenariato pubblico-privato, che deve essere in grado far crescere l’industria piemontese e attrarre investimenti da fuori, portando le aziende a insediarsi qui, grazie alla grande capacità del territorio di esprimere innovazione.

 

In questo contesto, reso più complicato dalla pandemia, quanto diventa necessaria la digitalizzazione?

È centrale. Se lei dovesse immaginare di fare un viaggio in un Paese che non conosce, vorrebbe farlo sicuramente nel modo più connesso possibile. La digitalizzazione è la chiave di accesso a tutto e diventa cruciale quando progettiamo le riforme di cui parlavamo prima. Invece, in Italia, spesso convochiamo per la vaccinazione gli 80enni con sms in piena notte. Sono certo: è bene partire equipaggiati al meglio per questo viaggio. 

 

Una crisi è spesso anche l’occasione per “reinventarsi”. Secondo lei, quali sono le vecchie abitudini che l’industria dovrebbe abbandonare?

L’industria italiana non ha mai smesso di reinventarsi. Le aziende cosiddette zombie nel settore privato non durano tanto. Resistono invece di più tanti soggetti, tenuti in vita in nome di logiche che non appartengono al mercato. Credo basti fare l’esempio di Alitalia per chiarire il concetto.

 

Infine, come immagina il 2030 dell’industria piemontese?

Dopo il 2020 non fanno più previsioni nemmeno gli astrologi. So soltanto che la nostra industria ci sarà ancora e, se faremo i compiti nei prossimi mesi, sarà ancora più forte.