I criteri di deducibilità dei compensi degli amministratori

Se l’amministratore non ha la P.Iva si applicano gli stessi criteri previsti per i lavoratori dipendenti

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In alcuni casi il legislatore fiscale ha subordinato la deducibilità di taluni componenti negativi del reddito di impresa al momento di effettivo sostenimento delle imprese. Le previsioni hanno finalità antielusiva e pertanto la deducibilità di alcuni costi è rinviata al momento in cui avviene il pagamento degli stessi.
È il caso dei compensi spettanti agli amministratori aventi però natura di redditi assimilati al lavoro indipendente.

Se l’amministratore non è in possesso di partita Iva e quindi il reddito è considerato assimilato a quello di lavoratore dipendente, si applicano i medesimi criteri previsti per i lavoratori dipendenti. Si tratta del principio di cassa allargato – dichiara Felice Colonna, consigliere d’amministrazione della Cassa dei ragionieri e degli esperti contabili – che non troverà applicazione laddove il compenso da amministratore sia percepito da un professionista in possesso del numero di partita Iva”.
Il professionista infatti dichiarerà il compenso nell’anno di avvenuto incasso, come pure la società potrà considerare in deduzione il costo nell’anno di effettivo pagamento.