
Gli italiani sono sempre più impegnati, eppure sempre più poveri. I dati ufficiali dell’ultimo rapporto Istat sulle retribuzioni, offre una fotografia allarmante del mercato del lavoro italiano: oltre un milione e 255 mila persone si alzano ogni giorno per andare a lavorare con la certezza che resteranno al di sotto della soglia di povertà.
“Secondo i dati del report, il 10,7% dei lavoratori dipendenti nei settori dell’industria e dei servizi è intrappolato in questa condizione. La soglia di retribuzione oraria sotto la quale si entra in questa categoria – spiega Fedele Santomauro, consigliere d’amministrazione della Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili – è salita da 8,5 a 8,9 euro l’ora, avvicinandosi alla soglia simbolica dei 9 euro di cui si sente spesso parlare nei dibattiti politici”.
A essere più penalizzate sono le donne: il 12,2% di loro percepisce uno stipendio inferiore alla soglia di povertà, contro il 9,6% degli uomini; particolarmente colpiti anche i giovani, con un’incidenza del 23,6%. La situazione è ancora più grave per coloro che non possiedono un diploma: il 18% vive in condizioni di povertà.
“Elemento chiave di questa situazione è la tipologia di contratto di lavoro. I lavoratori part-time – prosegue Santomauro – guadagnano il 30,6% in meno rispetto ai colleghi a tempo pieno, mentre chi ha un contratto a tempo determinato percepisce il 25% in meno rispetto a chi ha un contratto a tempo indeterminato”.
Emerge poi anche un preoccupante divario generazionale: secondo lo studio “Total Remuneration Survey 2024” di Mercer, i neo-laureati italiani si trovano in fondo alla classifica Ue per livello retributivo.