Il fallimento societario e il compenso del sindaco

Fondamentale verificare l’onere della prova

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In un giudizio di opposizione allo stato passivo, spetta al Curatore provare l’inadempimento o l’inesatto adempimento di un sindaco di società fallita, mentre il professionista deve dimostrare di aver svolto diligentemente il proprio incarico per vedersi riconosciuto il compenso richiesto.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 31753/2024, sottolineando l’importanza dell’onere probatorio per i sindaci.

Il caso in oggetto nasce dalla domanda di ammissione allo stato passivo del fallimento di una società consortile per azioni, avanzata da un membro del collego sindacale per ottenere il pagamento del suo compenso, richiesto con privilegio ex art. 2751-bis n.2 c.c.

“I Supremi Giudici, interpellati sul fallimento, hanno sottolineato l’importanza di un’attenta verifica dell’onere della prova. Per i Giudici – spiega Maria Vittoria Tonelli, consigliere d’amministrazione della Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili – il creditore che chiede l’ammissione deve dimostrare di aver adempiuto l’incarico in modo diligente e completo. Al contrario, il Curatore può eccepire inadempimenti specifici che impediscono il riconoscimento del credito”.

“Nella sentenza viene poi chiarito che la pendenza di un’azione di responsabilità contro l’amministratore o il sindaco della società fallita non giustifica né l’ammissione del credito con riserva né la sospensione necessaria del giudizio. Il Curatore, infatti – conclude Tonelli – può opporsi al riconoscimento del credito sollevando fatti estintivi, modificativi o impeditivi.

La Cassazione ha accolto il ricorso del fallimento e rinviato la causa al Tribunale per un nuovo giudizio.