
In materia di processo tributario e sentenze penali irrevocabili di assoluzione, un’importante svolta giurisprudenziale arriva dalla Corte di Cassazione. La sentenza n.3800/2025 ha infatti stabilito che l’efficacia del giudicato penale, prevista dall’articolo 21-bis1 del D.Lgs. n. 74/2000, riguarda esclusivamente le sanzioni tributarie e non incide sulla determinazione dell’imposta dovuta.
“Con la sentenza, i Supremi Giudici hanno stabilito che l’articolo 21-bis1 non limita il potere del giudice tributario nella valutazione dell’imposta. In altre parole – spiega Maria Vittoria Tonelli, consigliere d’amministrazione della Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili – la sentenza penale di assoluzione pronunciata con le formule ‘perché il fatto non sussiste’ o ‘per non aver commesso il fatto’ ha efficacia di giudicato solo in relazione ai fatti materiali e alle sanzioni tributarie, senza vincolare la determinazione dell’imposta. Una posizione che gli Ermellini basano su un’interpretazione letterale e sistematica della norma, sottolineando la necessità di garantire coerenza con il complessivo sistema tributario, evidenziando anche – prosegue Tonelli – come tale ricostruzione sia conforme ai principi del diritto dell’Unione europea”.
La Suprema Corte evidenzia anche due possibili profili di rilievo costituzionale che deriverebbero da una diversa interpretazione dell’articolo 21-bis1. Il primo è l’impatto sul regime probatorio, che potrebbe creare disparità tra contribuenti. Il secondo è relativo invece alla mancata partecipazione dell’Agenzia delle Entrate al giudizio penale, aspetto che potrebbe compromettere il diritto al contraddittorio in sede tributaria.