Il saldo negativo di cassa costituisce elemento dal quale legittimamente desumere l’esistenza di ricavi non contabilizzati. È il principio ribadito dalla Sezione tributaria della Corte di Cassazione nella sentenza n. 25627/2024, relativa a una S.r.l. che ha ricevuto un avviso di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate che ha contestato la presenza di ricavi non dichiarati a causa di saldi negativi e movimentazioni di cassa anomale.
“Nel caso in esame, la Commissione Tributaria Regionale della Puglia aveva annullato l’accertamento, sostenendo che i saldi di cassa negativi non costituiscono prova sufficiente di ricavi occulti. Di fronte a questa decisione – sottolinea Guido Rosignoli, vicepresidente della Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili – l’Agenzia delle Entrate ha fatto ricorso in Cassazione, sostenendo che la CTR aveva erroneamente richiesto una prova specifica dei ricavi non contabilizzati, nonostante la presenza di anomalie contabili evidenti”.
“La Suprema Corte ha accolto le ragioni dell’Agenzia – prosegue Rosignoli – richiamando il principio, già espresso in altre pronunce, secondo il quale, in tema di accertamento induttivo del reddito d’impresa, la sussistenza di un saldo negativo di cassa, implicando che le spese superano gli introiti registrati, fa presumere l’esistenza di ricavi non contabilizzati”.
La Corte ha poi aggiunto che l’onere della prova, in tali situazioni, si sposta sul contribuente, che deve dimostrare con precisione che le movimentazioni bancarie non sono riferibili a operazioni imponibili.
La causa è stata rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia per un nuovo esame.