Industria debole, export e servizi in frenata

L’analisi dell’andamento di mercati e investimenti del secondo trimestre 2024

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Il Centro Studi di Confindustria ha pubblicato l’ultimo numero di Congiuntura Flash. Diversi i dati posti in evidenza: dalla crescita lenta su diversi fronti all’inflazione alta nell’Eurozona, ai prezzi altalenanti dell’energia fino alle non buone prospettive dell’export.

Per quanto riguarda i servizi, dopo il rimbalzo del fatturato Istat in aprile, l’RTT per i servizi (CSC-TeamSystem) ha segnalato una flessione nel settore a maggio, così come a giugno il PMI ha continuato a ridursi (53,7 da 54,2), pur rimanendo in zona espansiva, mentre la fiducia delle imprese è scesa ininterrottamente da aprile a giugno. Nel 2° trimestre, dunque, i servizi potrebbero aver rallentato (dopo il +0,3% nel 1°). Il fatturato dell’industria ha recuperato in aprile (+0,8% in volume), ma RTT anticipa lieve flessione a maggio (-0,4%). La produzione, dopo 4 mesi in calo, è risalita solo di +0,5% a maggio: -1,0% acquisito nel 2°. Fiacche le prospettive: a giugno, l’HCOB PMI è rimasto quasi fermo su valori recessivi (45,7 da 45,6), la fiducia delle imprese continua a oscillare su bassi livelli, l’indagine CSC su grandi imprese mostra un aumento dei rischi di peggioramento nelle stime sulla produzione.

Dal punto di vista dell’inflazione, in Italia è bassa e stabile (+0,8% annuo a giugno), con i prezzi core scesi per la prima volta sotto la soglia BCE (+1,9%). Nell’Eurozona, invece, l’inflazione totale è alta, scesa solo di un decimo a +2,5% (da +2,6% a maggio) e la core è ferma al +2,9%. Il divario Eurozona-Italia nella dinamica di fondo dei prezzi è salito quindi a un punto: ciò determina un tasso reale più alto nel nostro paese. L’inflazione è ancora più alta negli USA: +3,3% annuo a maggio. Dal punto di vista dei mercati, ci si aspetta il primo taglio dei tassi FED (di -0,25%, da 5,50%) solo a settembre. Anche per la BCE, che si è già mossa (a 4,25%), è atteso solo dopo l’estate un secondo taglio. Il cambio dollaro/euro è stabile, a 1,08. I tassi sovrani nell’Eurozona sono saliti di 0,2 punti circa al 1° luglio, sulla scia delle elezioni in Francia, ma sono tornati giù la settimana seguente e gli spread si sono mossi poco (BTP-Bund +138 punti). Le Borse europee non mostrano scossoni nell’ultimo mese, ma sono deboli (Londra -0,5%, Milano -1,4%), mentre quella USA è in crescita (+4,0%).

Lo scenario dei consumi è invece favorevole. La propensione al risparmio è salita, più delle attese, a 9,5% nel 1° trimestre 2024 (da 6,9%) perché i consumi delle famiglie (+0,3%) sono cresciuti molto meno del reddito reale (+3,3%): il risparmio appare ora “normalizzato” (8,2% la media pre-Covid) e in prospettiva la spesa delle famiglie potrà crescere come o più dei redditi (spinti anche dall’occupazione in crescita), grazie anche a un costo del credito in lento calo e una fiducia delle famiglie risalita a giugno per il secondo mese di fila. Rispetto ai costi delle materie prime, invece, il prezzo del petrolio è tornato a salire nel mese di luglio: 88 dollari al barile in media (82 a giugno), mentre il prezzo del gas è stabile, a 33 €/mwh (da 34). Le dinamiche sono invertite rispetto a giugno, ma entrambi i prezzi sono elevati; l’effetto sulla dinamica dei prezzi al consumo sarà (poco) favorevole per elettricità e gas per famiglie-imprese, al rialzo sui carburanti per i trasporti.

Ancora non buone le prospettive dell’export. L’export italiano di beni è cresciuto in aprile (+2,1% a prezzi costanti), ma calato nei mercati extra-Ue a maggio (-2,3% in valore). Dinamica simile all’export tedesco. Le vendite italiane in Germania sono tornate in espansione, dopo un anno, stabili quelle negli USA, ancora in calo in Cina. Prospettive negative per l’estate, secondo gli ordini manifatturieri esteri in giugno (ISTAT e HCOB PMI); deboli anche le indicazioni qualitative per gli scambi globali. Continua frattanto la corsa della manifattura cinese, in accelerazione per l’ottavo mese consecutivo, ai massimi dal 2021. È trainata dai nuovi ordini, anche se l’aumento della concorrenza percepita dagli imprenditori rende meno rosee le aspettative. Le prospettive economiche rimangono positive, per il nuovo piano di salvataggio immobiliare varato dal Governo. Ma le tariffe introdotte dall’UE (fino a 37,6% sui veicoli elettrici cinesi) potrebbero frenare l’export del paese nei prossimi mesi.

Rispetto agli investimenti, il loro totale in Italia ha registrato una buona crescita anche nel 1° trimestre 2024 (+0,5%), proseguendo l’espansione degli ultimi anni. Il confronto con gli andamenti negli altri Paesi europei mostra che gli investimenti sono cresciuti in Italia a inizio 2024 ma non nella media dell’Eurozona (-1,5%, con +1,2% in Germania, ma -0,4% in Francia). E che in Italia sono cresciuti complessivamente molto di più rispetto ai valori pre-Covid: +30,7% cumulato dal 4° 2019, rispetto a +1,8% in Francia e addirittura -3,9% in Germania e -2,2% in Spagna, dove quindi gli investimenti restano sotto i valori pre-pandemia. Rispetto alla media Eurozona, in Italia sono cresciuti del 35,6% in più in questi 4 anni. Secondo l’indagine Banca d’Italia, le condizioni per investire nel 2° trimestre continuano a migliorare, pur restando negative (-6,5 il saldo, per tutti i settori, da un minimo di -31,1 nel 3° 2023); e le imprese vedono una spesa per investimenti in aumento nella seconda metà del 2024 (+17,8 il saldo, da +11,6). Tuttavia, gli ordini delle imprese nel settore dei beni strumentali si stanno progressivamente riducendo (-20 il saldo a giugno), segno che la domanda di macchine e apparecchiature è debole, sia dall’interno che dall’estero. Dunque, i prossimi trimestri dovrebbero registrare una frenata degli investimenti.
È importante sottolineare che ben oltre la metà degli investimenti fissi sono realizzati dalle imprese private (57,9% nel 2023 in Italia, dati di contabilità nazionale), ma non tutti. Un’ampia quota è realizzata dalle famiglie (27,0%) e si tratta sostanzialmente di investimenti in abitazioni. E la parte restante dal settore pubblico (15,1%), per lo più in fabbricati non residenziali. Le varie parti dell’aggregato degli investimenti fissi, perciò, rispondono a logiche e a determinanti piuttosto diverse, a seconda del settore che le realizza. È utile perciò esaminare le traiettorie delle singole componenti degli investimenti in Italia. Gli investimenti in abitazioni hanno fornito il contributo principale (+17,3%) all’espansione complessiva nel 2019-2024, pari a oltre la metà. E sono cresciuti ancora nel 1° trimestre 2024 (+1,5%). Ma, dopo anni di espansione sostenuta (da forti incentivi), sono attesi in frenata nel breve termine, forse già a partire dal 2° trimestre appena concluso e ancor più nella seconda metà del 2024, per il decalage di tali incentivi. Viceversa, quelli in fabbricati non residenziali hanno avuto un contributo di appena +3,8% alla crescita degli ultimi anni, ma ora stanno aumentando in misura marcata (+2,2% nel 1° trimestre 2024). Il loro trend positivo dovrebbe proseguire, in prospettiva, anche grazie alla spinta positiva esercitata dalle risorse del PNRR. Ciò dovrebbe in parte compensare l’attesa caduta di quelli in abitazioni, per cui gli investimenti in costruzioni complessivi dovrebbero mostrare solo una lieve flessione nel corso del 2024. Nel 1° trimestre 2024 gli investimenti in macchinari-attrezzature sono scesi in modo rilevante in Italia (-1,5%), facendo seguito a una dinamica già debole nella seconda metà del 2023 (-0,6% nel 3°, +0,1% nel 4°). Ciò per l’attesa dell’implementazione del Piano “Transizione 5.0”, il cui ritardo sta frenando le decisioni delle imprese di nuovi investimenti. Ma a tale stop dovrebbe seguire un nuovo rilancio, con l’utilizzo del Piano. Il rallentamento recente (-2,0% dal 3° trimestre 2023) ha attenuato il differenziale positivo che l’Italia aveva accumulato rispetto all’Eurozona, che resta comunque ampio (+13,8%; con +20,3% sulla Germania, +15,8% sulla Francia, +23,5% sulla Spagna). Infine, la spesa per investimenti in ricerca e sviluppo nel 1° trimestre 2024 ha continuato a crescere (+0,6%), dopo il forte incremento osservato in chiusura del 2023 (+2,5%). D’altra parte, questa componente ha evidenziato nel complesso un ottimo recupero rispetto al periodo pre-Covid (+15,8%). E anche il secondo maggior differenziale accumulato, in tale periodo, rispetto alla media dell’Eurozona (+41,5%), anche se il divario è minore rispetto ai singoli grandi paesi europei: +20,5% sulla Germania, +9,5% sulla Spagna. Il segno si inverte rispetto alla Francia (-2,8%): la maggiore dinamica transalpina potrebbe dipendere da migliori condizioni di contesto, in particolare le agevolazioni fiscali più elevate per la R&S.