Alla guida di un’azienda con quasi settant’anni di storia, Sandro Bonomi – presidente di Bonomi Industries e di Avr, l’Associazione italiana costruttori Valvole e Rubinetti – sa quali sono le priorità. E, per la ripartenza, serve innanzi tutto qualcosa che a, prima vista, sembrerebbe lontano dal mondo della meccanica: l’immunità di gregge. Da una situazione con minori preoccupazioni legate alla pandemia si potrà e si dovrà, spiega Bonomi, guardare al futuro. La ricetta per i prossimi mesi? Nel breve periodo, risolvere la questione degli aumenti di prezzo delle materie prime. Quindi, più chiarezza da parte del governo, aiuti negli investimenti e centralità della formazione e della ricerca. Ne abbiamo parlato con lui.
Di recente è stato eletto nuovo presidente di AVR, Associazione italiana costruttori Valvole e Rubinetti, facente parte di Anima Confindustria. Ci aiuta a scattare una fotografia del comparto dopo oltre un anno di pandemia?
AVR raggruppa produttori di valvole in bronzo e ottone, rubinetteria sanitaria, valvole per Oil&Gas, attuatori, raccordi e altri accessori per questi settori. I nostri comparti hanno tutti una forte componente export da molti anni, ma sappiamo bene che questa pandemia ha colpito il mondo intero e quindi anche le nostre aziende hanno subìto un forte rallentamento nel 2020. Siamo stati chiusi nelle settimane di marzo e aprile e poi, una volta tornati in fabbrica, gli ordini sono arrivati a macchia di leopardo, rendendo molto difficoltosa la pianificazione della gestione di impianti e persone. Non solo la pandemia ha fermato gli investimenti e i consumi, ma ha anche reso molto difficile comunicare. In alcune aree i clienti si rifiutano di usare gli strumenti di video-conferenza e, quasi ovunque, è difficile rintracciare telefonicamente i nostri contatti.
Negli ultimi mesi, alle preoccupazioni sorte con la pandemia si aggiungono gli aumenti di prezzo delle materie prime (metalli, prodotti derivati dal petrolio, legno, carta e tanti altri) e soprattutto la loro carenza. I tempi di consegna si allungano, ma non tutti i clienti possono attendere.
Quali crede siano le azioni più importanti da compiere nel prossimo futuro per la ripartenza del settore?
Sicuramente l’immunità di gregge, raggiunta con le vaccinazioni, è l’aspetto più rilevante. Dobbiamo scrollarci di dosso le preoccupazioni e tutte le attività aggiuntive che ci sono piovute addosso per la gestione della pandemia. Serve maggior chiarezza dalle istituzioni. Sono mesi che si parla di vaccinare gli operatori in fabbrica, ma ormai a questo punto stanno vaccinando i 15enni, quindi sono state create aspettative e ci siamo preparati per qualcosa a cui le fabbriche non saranno più chiamate. Un altro aspetto è il rinnovo degli aiuti agli investimenti. La tecnologia galoppa e non sono iniziative sporadiche ogni 5-6 anni che aiutano le nostre aziende a restare al passo. Dobbiamo investire ogni anno e servono sgravi fiscali sugli investimenti tecnologici, sulla formazione e sulla ricerca.
Più in generale, cosa pensa dovrebbe fare il Governo per rilanciare il settore dell’industria meccanica?
Bisogna puntare molto sulla scuola. Nel nostro Paese è una rarità trovare professionisti che parlano correntemente almeno una lingua straniera. A livello professionale, c’è troppo divario fra la teoria – a volte nemmeno quella – insegnata nelle aule e la pratica che si opera nelle aziende. Quelle italiane sono molto più piccole rispetto alle concorrenti straniere e quindi vanno coordinati gli sforzi per dare loro supporto su temi – come ad esempio la ricerca – che non possono affrontare da sole.
Venendo alla sua azienda, ce ne racconta brevemente la storia e come è nato il suo modello di impresa?
Volentieri. La nostra è una azienda familiare fondata nel 1828 a Lumezzane San Sebastiano, in provincia di Brescia, e ricostituita nel 1954 – dopo guerra e lutti – da nostro padre Silvio Bonomi, classe 1933, e suo fratello Oreste (1934-2017). Dedita alla produzione di particolari in ottone conto terzi per il mercato italiano fino alla seconda metà degli anni Settanta, quando i fondatori hanno avviato la produzione di valvole a sfera in ottone che li ha portati sui mercati esteri. Con una filiale negli Stati Uniti dal 1994 e una in Giappone dal 2007, le esportazioni superano quota 99% ormai da vent’anni. Il marchio ha una forte connotazione di qualità, serietà e affidabilità e si rivolge prevalentemente ad applicazioni industriali.
Nel 2017 abbiamo siglato un patto di famiglia per organizzare in modo razionale e condividere il prossimo passaggio generazionale. Lo stesso anno, siamo partiti con un piano di espansione che, una volta completato, raddoppierà la capacità produttiva grazie a nuovi impianti in ambito produttivo e logistico. Dal 1994 siamo certificati ISO9000 con Lloyd’s Register e quest’anno stiamo lavorando per ottenere le certificazioni ISO14001 ambientale e ISO45001 per la salute e la sicurezza negli ambienti di lavoro. Sia io sia mio fratello Luciano siamo molto operativi in azienda: ci piace fare e abbiamo ancora tanto da dare prima di passare la mano.
Quale crede siano le caratteristiche che vi distinguono dai vostri competitors?
Dipende da quali sono i concorrenti con cui ci confrontiamo. Lo scenario italiano, senza entrare in ambito mondiale, è molto diversificato. Noi cerchiamo di dare al cliente più di quanto si aspetti, puntiamo su relazioni di fiducia che crescono nel tempo e quindi la serietà e la qualità sono irrinunciabili.
Quali sono i piani di sviluppo e di rilancio che ha individuato per la sua azienda?
Stiamo puntando su una miglior penetrazione dei mercati e sullo sviluppo di prodotti più complessi delle valvole di arresto. Ci sono tante sfide da affrontare, non ultime quelle imposte dalle norme relative all’acqua potabile che regolano l’uso di determinati materiali, escludendone altri; questo comporta nuove tecnologie produttive, nuovi investimenti, formazione e tanto altro.
Lei punta sui giovani? E quanto è presente la componente femminile nella sua azienda?
I giovani sono il futuro, ma non dobbiamo sottovalutare l’esperienza e le competenze di chi è in azienda da tanti anni. Queste persone vanno affiancate perché insegnare ai giovani non è affatto facile. Dobbiamo dare loro gli strumenti per formare i giovani trasferendo non solo ciò che è scritto nelle procedure, ma la curiosità, la voglia di fare e a volte l’ingegno: qualità di gran valore che non si trovano in tutte le persone. Nel ruolo di CFO, abbiamo una dirigente donna, l’ingegner Chiara Piazza, e le donne ricoprono tanti ruoli di responsabilità in azienda per il 47% dei nostri 170 collaboratori. Il 20% della nostra forza lavoro è poi straniera: apprezziamo chiunque sia onesto, volonteroso e capace.
Come vede la sua azienda di qui a cinque anni?
Sarà sicuramente un’azienda diversa da quella che è oggi. Nel 2024 compirà 70 anni! Io e mio fratello ci stiamo mettendo in gioco anche se cambiare alla nostra età non è facile. Il primo Bonomi della prossima generazione, Silvio, è entrato in azienda in aprile. Porta il nome di suo nonno e le premesse sono molto incoraggianti. Vedremo in quanti lo seguiranno dei restanti sei giovani Bonomi.