L’indebita compensazione e il concorso di colleghi

Al centro della vicenda, il reato relativo a crediti inesistenti

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La sentenza n. 37640/2024 della Corte di Cassazione, affronta il concorso di colleghi nel reato di indebita compensazione di crediti inesistenti, stabilendo che per accertare tale concorso è necessaria la prova di un accordo tra i soggetti coinvolti, che dimostri la condivisione dell’intento fraudolento e del metodo per realizzarlo.

Il caso riguarda una commercialista condannata dalla Corte d’Appello di Milano a un anno di reclusione per aver omesso il pagamento delle imposte dovute dal suo cliente, utilizzando crediti inesistenti per compensare il debito. 

“La professionista, assunta come accollante del debito tributario del cliente – spiega Maria Vittoria Tonelli, consigliere d’amministrazione della Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili – avrebbe collaborato con un altro commercialista, il quale aveva presentato una dichiarazione IVA integrativa mendace e il modello F24 con la compensazione indebita”.

I Supremi Giudici hanno accolto il ricorso della commercialista, ritenendo che la Corte d’Appello non avesse dimostrato con sufficiente certezza l’esistenza del dolo, ovvero la volontà di condividere l’intento fraudolento del collega. 

“La Suprema Corte ha infatti evidenziato che, sebbene vi fossero elementi di negligenza nella gestione delle pratiche fiscali – prosegue Tonelli – questi non provavano in modo inequivocabile la coscienza e la volontà di agire fraudolentemente in concorso con il collega”. 

La sentenza ha inoltre sottolineato che la Corte territoriale non aveva preso in considerazione che la commercialista aveva presentato una prima dichiarazione IVA corretta, prima che il collega intervenisse con la dichiarazione integrativa mendace.