Prosegue la corsa del nostro Paese verso l’energia green. L’Italia, infatti, è al quinto posto in Europa per numero di brevetti nelle tecnologie legate all’idrogeno e il 70% di quelli richiesti da aziende italiane fa riferimento a tecnologie ecologiche e relative al climate change. E’ quanto emerge da un recente studio congiunto condotto dall’Ufficio europeo dei brevetti (Epo) e dall’Agenzia internazionale dell’energia (Aie) – il primo nel suo genere – che ha analizzato i dati brevettuali globali del periodo 2011-2020 per fornire un’analisi completa e aggiornata delle innovazioni legate all’Idrogeno.
L’Unione europea e il Giappone guidano la classifica mondiale del numero di brevetti, rispettivamente con il 28% e il 24% di tutti quelli depositati. I Paesi leader in Europa sono la Germania (11% del totale globale), la Francia (6%) e i Paesi Bassi (3%). Seguono la Danimarca e, al quinto posto l’Italia. Gli Stati Uniti, con il 20% di tutti i brevetti legati all’Idrogeno, sono l’unico grande centro di innovazione che ha visto diminuire le richieste di brevetti internazionali nell’ultimo decennio. L’attività è rimasta modesta in Corea del Sud e in Cina, pur essendo in aumento. Oltre a questi cinque principali centri di innovazione, altri Paesi che hanno generato volumi significativi di brevetti sull’Idrogeno sono il Regno Unito, la Svizzera e il Canada.
Nel rapporto la posizione dell’Italia viene definita “solida” grazie “all’attività di alcune aziende leader per innovazione nei rispettivi campi di specializzazione”. Tra queste ci sono De Nora, uno dei principali depositari di brevetti negli elettrolizzatori, una tecnologia chiave per la produzione di Idrogeno sostenibile e Danieli, uno dei principali innovatori globali nella produzione di acciaio attraverso processi basati sull’utilizzo dell’idrogeno. L’azienda chimica di Casale, pur avendo sede a Lugano in Svizzera, ha una forte presenza in Italia anche nella ricerca e sviluppo di processi tecnologici comprendenti l’Idrogeno ed è specializzata nella produzione di ammoniaca e metanolo (tipici esempi di utilizzo finale dell‘Idrogeno). In questo settore Casale è la terza azienda mondiale per numero di brevetti. Ad eccezione del 2013, dal 2011 in poi, i brevetti internazionali richiesti da operatori italiani nella produzione di Idrogeno ‘verde’, cioè da fonti energetiche non fossili, sono stati la maggioranza. L’obiettivo è chiaro: ridurre le emissioni smarcandosi dall’uso di combustibili fossili.
Tra le molte applicazioni finali dell’idrogeno come fonte di energia, il settore automobilistico è da tempo al primo posto nel mondo e i brevetti in questo campo aumentano, soprattutto da parte del Giappone. “Se si considera l’uso finale – si legge nel rapporto – lo stesso slancio non è ancora visibile in altre applicazioni, nonostante la politica concertata degli ultimi anni sul potenziale dell’Idrogeno nella decarbonizzazione dei trasporti a lunga distanza, dell’aviazione, della produzione di energia e del riscaldamento”. Questo, prosegue il report “solleva preoccupazioni per l’impegno a “emissioni nette zero” dei Paesi, che non può essere raggiunto senza affrontare il tema dell’utilizzo tuttora invariato di combustibili fossili in questi settori”.
Lo studio rileva inoltre come nel periodo 2011-2020 oltre la metà dei 10 miliardi di dollari di venture capital investiti nel settore sia andata alle start-up titolari di brevetti, nonostante queste rappresentino solo un terzo dei brevetti richiesti. In Italia sono molte le start-up che hanno depositato brevetti presso lo European Patent Office: ad esempio Hysytech a Torino, SolydEra a Pergine Valsugana (Tn) e StoreH a Rovereto (Tn). I principali poli italiani per l’innovazione nel settore sono Milano (che ha 131 brevetti internazionali) e Roma (52).