La meccanica italiana sta vivendo una situazione di incertezza. Da un lato, gli ordinativi sono rimasti pressoché stabili nei primi mesi dell’anno, ma la produzione industriale è rallentata principalmente a causa della carenza di materie prime e microchip. L’incertezza risiede dunque nell’impossibilità di evadere quanto previsto, stante le difficoltà di ottenere materiali ordinati e pianificati con consegna nel periodo, a fronte di un aumento dei costi non paragonabile all’aumento dei prezzi di vendita.
Secondo il sondaggio diffuso da Anima Confindustria tra le imprese associate, le aziende della meccanica prevedono una crescita del fatturato intorno al +5% nel primo semestre 2022 rispetto al primo semestre 2021, dovuto però all’aumento dei prezzi e non ad un incremento in termini di volume, dove la situazione è di stabilità.
Un aumento di fatturato che purtroppo non copre, in molti casi, l’aumento dei costi di produzione. 4 aziende su 5 soffrono un aumento generale dei costi di oltre il 20% rispetto al 2021, mentre il 54% delle aziende della meccanica si aspetta di chiudere la prima metà dell’anno con una riduzione della marginalità superiore al 10%. Margini compromessi sino al punto da prevedere un blocco generalizzato, con grosse difficoltà di produzione determinate dalla mancanza di materie prime.
Come conferma il presidente di Anima Confindustria, Marco Nocivelli “Molte aziende hanno affermato nel sondaggio che il fatturato del primo semestre 2022 avrebbe potuto essere più alto, di almeno +6-7%, se non ci fosse stata la problematica della carenza di materie prime e l’incremento dei costi così elevato. Il potenziale fatturato è quindi limitato a causa delle difficoltà e delle lungaggini nell’approvvigionamento. Va inoltre considerato che i primi mesi del 2021 hanno impattato negativamente per tutte le nostre aziende appartenenti al mercato dell’Horeca, sostanzialmente bloccato dalle restrizioni covid, mentre nel 2022 è ripreso con continuità. L’aumento di fatturato è dovuto principalmente a due fattori: le riserve accumulate nel 2021 per mancanza di materiale o ritardi nella consegna di alcuni componenti, e l’anticipo di ordini con consegne anche molto lunghe per via della situazione instabile sui prezzi“.
Lo scoppio del conflitto in Ucraina ha aggiunto alle tensioni sui prezzi da parte della domanda, le tensioni per quanto riguarda l’offerta: da un lato, la riduzione delle importazioni di materie prime da Russia e Ucraina; dall’altro, le sanzioni che l’Europa ha introdotto sulle fonti di approvvigionamento energetico. Il risultato dell’azione combinata dei due fattori ha determinato un vincolo alla produzione interna, soprattutto in alcuni settori, e l’aumento dei prezzi dell’energia, che vede l’Italia particolarmente esposta a causa della dipendenza dal gas russo.
Il risultato è che dopo due anni di emergenza legata alla pandemia, la ripresa economica è stata compromessa prima dalla ripresa dell’inflazione e poi dalle ricadute economiche del conflitto, lasciando intravedere i rischi di una nuova stagflazione come negli anni Ottanta.
“La situazione attuale – prosegue Nocivelli – sta mettendo seriamente in difficoltà le aziende del comparto, che rischiano di chiudere il primo semestre addirittura in perdita in molti casi. Sono necessarie misure efficaci che supportino le imprese manifatturiere italiane, a partire da un aumento della produzione nazionale di acciaio e altre materie prime e da un piano strategico che possa rendere il nostro paese maggiormente indipendente dalle forniture energetiche straniere“.