I settori rappresentati da Anima Confindustria, con una quota di fatturato pari a 52,1 miliardi di euro, rappresentano una parte importante dell’economia italiana e rischiano il blocco, o nei peggiori casi la chiusura, se non saranno presi a breve provvedimenti veramente efficaci. Lo annuncia Anima Confindustria in un comunicato. La componentistica meccanica rischia infatti di non poter continuare a produrre, con l’erosione dei margini che ha caratterizzato l’ultima fase del 2021 non più sufficiente, dato il continuo aumento dei costi di produzione che non sono ammortizzabili.
Essendo principalmente un’industria di trasformazione, dalla materia prima al prodotto finale, la meccanica si trova a metà della catena di fornitura e quindi “stretta in una morsa“, come afferma il presidente di Anima Confindustria, Marco Nocivelli. “La meccanica varia rappresentata da Anima sta subendo tutti gli effetti di questa difficile situazione, iniziata lo scorso anno e aggravata nelle ultime settimane dalla crisi Russia – Ucraina”.
I rincari dell’energia infatti hanno sicuramente un notevole impatto sulle imprese energivore, ma generano sui loro clienti un doppio effetto; da una parte il rincaro energetico ha raddoppiato le bollette di tutte le imprese, ma allo stesso tempo ha comportato una difficoltà a reperire i materiali, a causa dei rallentamenti o delle chiusure di imprese che stanno a monte della filiera. La conseguenza è l’esplosione di una voce di costo – le materie prime – che per i settori Anima incide circa per il 50% sul valore del prodotto finale.
“Le aziende, oltre a riscontrare ritardi nelle consegne dei componenti elettronici con tempi di attesa superiori a nove-dodici mesi, oggi a causa del conflitto in atto hanno enorme difficoltà a reperire prodotti siderurgici. In particolare bramme e lamiere, fondamentali per le attività delle aziende della meccanica, che hanno subito aumenti superiori al 80% nel giro di poche settimane”, evidenzia Pietro Almici, vicepresidente di Anima Confindustria. “Tutte ciò rende estremamente complicato il prosieguo della produzione: a questi prezzi in costante aumento, e soprattutto con carenza di materiali, le aziende non riescono a lavorare. Considerando le sanzioni alla Russia – aggiunge Almici – l’impossibilità di produzione dell’Ucraina, il blocco dei porti di questi paesi, vengono a mancare ca. 3,2 milioni di t/anno di prodotti piani e semilavorati sul mercato italiano e ca 11,5 milioni di t/anno sul mercato europeo, come si evince dalle analisi di Achille Fornasini, professore all’Università degli studi di Brescia e coordinatore dell’osservatorio congiunturale di Anima Confindustria”.
I blocchi produttivi ucraini e le sanzioni contro la Russia provocheranno nuovi shock sul lato dell’offerta di materie prime e di semilavorati, determinando impatti devastanti sui prezzi e sulle potenzialità di fornitura di commodity necessarie alle filiere produttive italiane.
Ad aggravare la situazione c’è l’aumento dei costi dei noli marittimi del +500%-800% in un anno a seconda delle tratte, una complicazione che oltre a rendere difficile le esportazioni – la meccanica italiana esporta il 57,1% dei propri prodotti – rende praticamente impossibile comprare materie prime su altri mercati.
“Il problema principale è la mancanza di una previsione di quello che accadrà nei prossimi mesi, che di fatto rende impossibile produrre offerte ai clienti finali”, sottolinea Marco Nocivelli. “La situazione diventa insostenibile per molti dei nostri settori che spesso lavorano su commesse di lungo periodo e, trovandosi a dovere rispettare i contratti in essere, se riescono a trovare i materiali devono poi assorbire tutti i costi legati agli aumenti di prezzo delle materie prime. Se non si trovano soluzioni immediate, i nostri settori saranno nell’impossibilità di garantire i contratti o di stipulare nuovi ordini, con il rischio di perdere quote di mercato rispetto ai concorrenti stranieri o di fermare la produzione”.
Il presidente Anima Confindustria prosegue esprimendo apprezzamento per quanto fatto finora dalle istituzioni, anche se “dobbiamo essere consapevoli che le misure approvate fino a questo momento, come l’azzeramento degli oneri di sistema e i crediti d’imposta per energia elettrica e gas, non bastano: il sistema industriale italiano ha un vitale bisogno di ulteriori sostegni per continuare a operare. Occorre intervenire in maniera strutturale per contenere i costi dell’energia, aumentare la produzione italiana di materie prime e soprattutto consentire l’approvvigionamento da paesi extraeuropei riducendo i costi dei noli marittimi ed eliminando i dazi e le quote sulle importazioni almeno fino alla fine dell’anno”.