Nocivelli: Governo sia con imprenditori per rilancio meccanica

“Puntare sulle buone pratiche delle aziende italiane”

Marco Nocivelli

A testa alta, determinata, con lo sguardo al futuro nonostante un 2020 da dimenticare. Per Marco Nocivelli, presidente di Anima – Confindustria meccanica, l’industria del settore ha reagito alla crisi causata dalla pandemia con lo spirito migliore. Le perdite di fatturato, pur essendo importanti, sono state inferiori alle aspettative e, finalmente, è possibile guardare avanti con speranza e con la consueta voglia di fare delle aziende italiane. Abbiamo parlato con lui della situazione attuale e delle previsioni per il futuro.

Quanto ha sofferto l’industria meccanica a causa della pandemia?

Nel 2020, il mese della chiusura totale è stato drammatico perché la stragrande maggioranza delle aziende ha perso fatturato, non potendo produrre nulla. Quando il Governo si è convinto che nelle aziende non c’era un pericolo vero perché sono luoghi strutturati con grande attenzione alla salute dei lavoratori, qualcuno era agganciato a una filiera positiva e altri meno. L’industria meccanica ha avuto una serie di evoluzioni differenti a seconda del settore e, in qualche caso sono state addirittura in leggera crescita, come ad esempio per chi si occupa di trattamento dell’aria per i sistemi ospedalieri. Tra i comparti, invece, più colpiti, non posso non pensare a chi produce, ad esempio, macchine professionali per caffè, pentolame e posateria per bar e ristoranti, che ha subito una contrazione anche del 30%. In generale, per le aziende associate ad Anima, il sentiment è passato dal grande spavento, con una stima della perdita di fatturato nel 2020 intorno al 25%, a un finale d’anno che parla di perdite del 10%.

Qual è stata la paura più grande delle aziende italiane?

La paura è stata determinata dal blocco delle attività durante il primo lockdown. L’imprenditore italiano è abituato alle situazioni complesse, quindi si dà da fare per mantenere il suo business. Se lasciato libero di lavorare non si spaventa, ma di fronte a un blocco totale delle attività produttive, come quello dello scorso anno, è rimasto attonito, quindi “depresso”, perché non era più nelle condizioni di operare. Naturalmente oggi tutti respirano un’aria di maggiore positività. Nonostante tutto, nel primo trimestre, i dati sono stati migliori di quelli che avevamo immaginato, anche se ovviamente ci sono state grandi differenze tra settori.

In particolare, quali sono stati i settori di questo comparto ad aver risentito di più degli effetti dell’emergenza Covid?

Sicuramente l’Horeca è stato uno dei settori più provati dalla crisi. E di conseguenza le aziende di posateria, tecnologia professionale per il caffè, addolcitori, tritacarni, pentolame, ancora oggi faticano a guardare al futuro. Oltretutto, se alcune attività di questo settore non riusciranno a riaprire, la loro attrezzatura sarà disponibile sul mercato. Per questo sarebbe interessante studiare anche misure che, al contrario, sostengano il rinnovamento delle tecnologie. Non dimentichiamo che la filiera di costruzione del settore Horeca è una specializzazione italiana molto forte, quindi ci auguriamo che il Governo ne tenga conto.

card corretta nocivelli

Siete soddisfatti di quanto fatto finora dal Governo per tutelare l’industria meccanica italiana?

Da alcuni sondaggi fatti con le nostre associate, emerge come le misure adottate dal Governo vadano nella direzione corretta. E’ comune, però, il disappunto nei confronti della lentezza della burocrazia, soprattutto per la parte della liquidità. Tutte le aziende vedono con favore la riflessione fatta dal Governo nel prorogare il Piano transizione 4.0, riconoscendone l’importanza necessaria non solo per l’industria, ma anche per i suoi fondamentali, cioè capacità di trasformazione tecnologica ed ecologica.  E’ stato accolto positivamente anche il Superbonus, che sta dando grandi soddisfazioni, anche se c’è il timore che possa scontrarsi con gli aspetti burocratici e pratici. L’auspicio è che possa essere prorogato e diventare davvero esecutivo.

Quali azioni vi aspettate ora da parte dell’esecutivo?

Ci auguriamo che il Governo faccia una particolare riflessione sulle aziende del settore Horeca e su tutta la loro filiera produttiva, sorpassando la logica del codice Ateco e pensando più alla logica della filiera stessa. Faccio un esempio: magari non sei un bar, ma produci oggetti che vengono utilizzati nei bar. Ecco, su questo punto ci va una riflessione più attenta.

Inoltre, credo ci possa essere un grande miglioramento anche per il settore dell’idrogeno e, in particolare, per il suo utilizzo in una logica di decarbonizzazione: potrebbe essere un’ottima opportunità grazie al grande aiuto che possono offrire le tecnologie italiane. Spesso si parla di idrogeno in riferimento alla produzione dell’acciaio, ma in verità ci sono tecnologie legate, ad esempio, alle caldaie, che utilizzano del misto idrogeno/combustibile gas con rendimenti migliori e meno inquinanti.  Infine, chiediamo anche un’attenzione maggiore al Codice Appalti.

A questo proposito, state lavorando molto proprio sul tema dell’adozione volontaria dell’art. 137 del Codice Appalti. Quali benefici porterebbe all’industria meccanica italiana?

Abbiamo come esempio la Francia, che ha adottato volontariamente l’articolo che destina alle aziende nazionali, o almeno europee, la metà degli importi totali delle commesse pubbliche. Questo riduce il gap di competizione con quei Paesi che non adottano gli stessi standard di correttezza e, più in generale, che non hanno il nostro stesso approccio nel rispetto del lavoro o dell’ambiente. Ci va molta attenzione su questo punto.

Come si immagina il 2030 per il settore dell’industria meccanica?

Ovviamente, come tutti gli imprenditori, siamo positivi, ma crediamo si possa fare meglio e si possa crescere. L’Italia – e lo ha dimostrato – è il secondo Paese in Europa per la produzione meccanica; siamo nella scia della Germania in maniera solida. Lo stiamo dimostrando da tanti anni, nonostante chi, fuori contesto, accusa le nostre aziende di non essere competitive e di non riuscire a fare produttività. Invece, siamo capaci e rimarremo sul podio della meccanica europea perché gli imprenditori hanno voglia di restarci e hanno dimostrato un’enorme resilienza. Ci sono all’orizzonte, però, due rischi.

Quali sono questi rischi?

Il primo è di cortissimo termine e riguarda l’evoluzione della materia prima. Ora stiamo vedendo una fiammata inflazionistica importante: l’aumento del costo è fuori standard e raggiunge anche il 50% nel caso dell’acciaio, del 30% per plastiche e rame. Questi numeri non si vedevano dalla fine degli anni ’70. E’ un elemento che merita una grande attenzione a livello politico perché si rischia una speculazione tale da danneggiare l’intera industria meccanica.

Il secondo rischio è più di lungo termine. Gran parte delle nostre aziende è storicamente portata avanti da famiglie e il timore più grande che abbiamo è che i passaggi generazionali portino altri ad accaparrarsi questi straordinari gioielli italiani, disperdendone le capacità. Ci auguriamo che anche su questo punto il Governo presti molta attenzione. In questo senso, la formazione diventa fondamentale perché permette a tutti di essere più strutturati ad accogliere ciò che verrà.

Cosa si augura per il mondo dell’industria meccanica?

Ci auguriamo che il Governo e tutte le istituzioni capiscano l’importanza dell’imprenditoria italiana e del suo ruolo nel generare benessere per la società. Vorremmo la necessaria attenzione affinché la buona imprenditoria possa svilupparsi al meglio, trasmettendo buone pratiche capaci di creare un circolo virtuoso.  Vorremmo che l’imprenditoria continuasse ad essere diffusa e non solo nelle mani di pochi singoli. Nel nostro Paese ci sono tanti piccoli e medi imprenditori che portano avanti esperienze importanti, meritevoli di essere conosciute e diffuse.