Piano Transizione 4.0: gli incentivi per il rilancio delle imprese

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Per presentare il Piano di Transizione 4.0, l’ex ministro del Mise e attuale ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, Stefano Patuanelli, ha usato una frase diretta e abbastanza asciutta, quasi uno slogan per il presente e, soprattutto per il futuro. Perché il piano nazionale rivolto alla trasformazione digitale e sostenibile, entrato in vigore con la legge di bilancio 2021, è il ‘turning point’ per il rilancio del sistema Italia.

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I temi

  • Piano Transizione 4.0: i dettagli
  • Le novità rispetto al Piano Imprese 4.0
  • Le richieste dell’UE: modifiche in via di definizione

 

«È il primo step, il primo mattone su cui costruire la nuova politica industriale», l’affermazione di Patuanelli che dischiude orizzonti diversi rispetto al passato. L’investimento è ingente: 24 miliardi di euro che saranno finanziati dal Recovery Fund per una misura che diventa strutturale e che offre un’importante occasione di rilancio per le nostre imprese. Due gli obiettivi: incentivare gli investimenti legati a transizione tecnologica e sostenibilità ambientale, dare stabilità alle imprese, garantendo loro misure valide da novembre 2020 a giugno 2023.

La prima importante novità del Piano Transizione 4.0 è l’anticipo dei tempi di fruizione. Gli incentivi sono validi con decorrenza al 16 novembre 2020 e fino a giugno 2023, vengono potenziate tutte le aliquote di detrazione che salgono dal 6% al 10% sia per i beni materiali che immateriali, mentre per gli strumenti funzionali allo smartworking l’aliquota aumenta fino al 15%. Prevista anche l’estensione del credito d’imposta alle spese sostenute per la formazione 4.0 dei dipendenti e degli imprenditori. Il credito d’imposta è lo strumento unico di accesso agli incentivi e sostituisce le vecchie misure, tra cui iperammortamento e superammortamento. Sarà utilizzabile esclusivamente in compensazione, in tre quote annuali di pari importo, a decorrere dall’anno di entrata in funzione dei beni.

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Le nuove misure, come sottolineato dal ministro Patuanelli, poggiano le proprie basi sul vecchio Piano Impresa 4.0, di cui vengono mantenuti i punti di forza, ma aprono le porte a nuovi importanti investimenti. Si allarga, infatti, la platea dei potenziali beneficiari, che aumenta del 40%. Maggior attenzione sarà rivolta all’innovazione, alla ricerca, agli investimenti green e alle attività di design e ideazione estetica, per valorizzare il made in Italy e supportare il Paese in uno dei momenti di maggior difficoltà e instabilità economica.

Dopo pochi mesi di vita, il Piano Transizione 4.0 ha iniziato però a cambiare forma. Il Dl Imprese modifica le misure già in vigore con la manovra per rispondere alla richiesta da parte dell’Europa di un maggiore impegno verso la digitalizzazione. Cala quindi sensibilmente la quota assegnata ai beni strumentali tradizionali (ex superammortamento), che sarà in vigore solo per il 2021 e non anche per il 2022, e aumentano invece le aliquote che agevolano i beni tecnologicamente avanzati (ex iperammortamento). L’Italia intende in questo modo rispondere alle sollecitazioni da parte della Commissione europea, che chiede per il Recovery Plan interventi che siano veramente legati alla svolta digitale dell’industria e non semplici sostegni al ricambio di vecchi macchinari.

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Con il passaggio di Giancarlo Giorgetti a ministro dello Sviluppo economico (Mise), potrebbero ulteriormente cambiare le modalità d’intervento. Il ministro ha da subito posto l’accento sul bisogno urgente di superare lo stallo tecnologico dell’Italia che, come da lui dichiarato in audizione alla Commissione Trasporti della Camera sul Recovery Plan, «registra ritardi molto gravi rispetto agli altri Paesi». Il piano nazionale è quindi l’occasione giusta per rimediare al gap, partendo da risorse consistenti da investire nella rete ad altissima velocità e nella fibra ottica.

Si rimane quindi in attesa di nuovi sviluppi e di un decreto legge che metta in chiaro tutte le condizioni a cui le imprese devono sottostare per ottenere i benefici fiscali. Nel mentre, si spera che questa nuova svolta digital possa contribuire al rilancio dell’industria italiana, nell’ottica di una politica economica di lungo respiro, che possa rendere il Paese più attrattivo anche per gli investimenti dall’estero.