Da secoli l’evoluzione dell’uomo si intreccia con le tematiche ambientali, ma mai come in questi anni l’ecologia è stata al centro delle strategie di governi ed enti pubblici. Se da un lato la tecnologia ci aiuta a ideare soluzioni sempre più sostenibili, dall’altro produce a sua volta inquinamento. Ecco perché si comincia a parlare di sostenibilità digitale.
Qual è l’impatto ambientale della tecnologia? Secondo uno studio della francese Ong Shift Project, l’energia consumata dalla rete Internet (e dalle sue infrastrutture) ha determinato un aumento delle emissioni di carbonio dei data center. La ricerca ha calcolato che un video di mezz’ora guardato sul telefono è responsabile dell’immissione nell’aria di 1,6 chilogrammi di anidride carbonica, quanto un’auto in corsa per 6 km.
Se l’industria IT (Information Technology) fosse una nazione, sarebbe il terzo maggior consumatore di elettricità al mondo. E l’energia elettrica, quando non proviene da fonti rinnovabili, produce emissioni di gas serra. Nel 2008 le tecnologie digitali utilizzate nella trasmissione, ricezione ed elaborazione di dati e informazioni hanno contribuito per il 2% delle emissioni globali di CO2e; nel 2020 sono arrivate al 3,7% e raggiungeranno l’8,5% nel 2025, l’equivalente delle emissioni di tutti i veicoli leggeri in circolazione.
Conciliare innovazione e ambiente è la nuova sfida da affrontare. Da un lato, un cambiamento è già in corso: i consumatori sono sempre più consapevoli del valore della sostenibilità e le aziende stanno da anni adottando strategie ecologiche, ripensando modelli di business e processi di produzione. In un sondaggio del World Ecomomic Forum con Ipsos su oltre 21mila adulti, è risultato che l’86% degli intervistati desidera un mondo completamente diverso, più giusto e sostenibile.
Cos’è la sostenibilità digitale
La sostenibilità è la soddisfazione dei bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i loro. Secondo la Global e-Sustainibility Initiative (Gesi), la tecnologia può contribuire a centrare tutti i 17 obiettivi Onu per lo Sviluppo sostenibile entro il 2023 (qui il programma completo). La sostenibilità digitale definisce le modalità con le quali si devono sviluppare le innovazioni per un mondo migliore, cioè in che modo bisogna utilizzare le tecnologie per sviluppare modelli sostenibili, senza limitarsi al solo obiettivo di ridurre l’impatto ambientale.
L’impatto della sostenibilità digitale
La sostenibilità digitale ha un impatto non solo in termini ambientali, ma anche economici e sociali. La formazione e l’aggiornamento di competenze sono uno dei settori chiave per centrare l’obiettivo. Lo ha detto Mario Draghi nel suo primo discorso al Senato: “Siamo chiamati a disegnare un percorso educativo che combini la necessaria adesione agli standard qualitativi richiesti, anche nel panorama europeo, con innesti di nuove materie e metodologie, e coniugare le competenze scientifiche con quelle delle aree umanistiche e del multilinguismo”.
La trasformazione digitale motore dell’economia circolare
Le soluzioni digitali sono potenti motori per lo sviluppo sostenibile: possono infatti sostenere l’economia circolare e supportare la decarbonizzazione di tutti i settori. L’agricoltura di precisione, i trasporti, l’efficienza energetica possono avere enormi benefici dalle soluzioni digitali. E l’Europa ha raccolto la sfida ponendosi obiettivi ambiziosi. La Commissione Europea ha lanciato la sfida del Green Deal per decarbonizzare l’Europa entro il 2050: il progetto sarà finanziato da fondi pubblici e privati per un totale di 1.000 miliardi di euro, tutti destinati a incentivare l’uso di energie rinnovabili. E le tecnologie digitali saranno essenziali per centrare l’obiettivo.
Le città al centro dello sviluppo sostenibile
Al centro dei nuovi modelli di sviluppo sostenibile ci sono le città, motori principali del Pil ma anche del degrado ambientale. In Italia, sull’esempio dell’Europa, sindaci e amministratori locali iniziano a prendere impegni in “Agende urbane per lo sviluppo sostenibile” secondo il modello lanciato dal Ministero dell’Ambiente nel 2019. Il Centro nazionale di studi per le politiche urbane (Urban@it) ha presentato un rapporto dal titolo “Le città protagoniste dello sviluppo sostenibile” in cui cerca di raccordare soggetti che, in ambito europeo, nazionale e territoriale, stanno portando avanti lavori innovativi. Ma, anche secondo l’Ocse, «circa 100 dei 169 target legati agli SDGs (Sustainable Development Goals) non potranno essere raggiunti senza un effettivo coinvolgimento e un coordinamento dei governi locali».
Gli investimenti dell’Italia
In Italia gli investimenti per lo sviluppo sostenibile sono già largamente pianificati (l’Asvis ha presentato un rapporto) e vanno in quattro direttrici principali: transizione verde, trasformazione digitale, sanità e lotta alla povertà. Un investimento totale di 200 miliardi in dieci anni. Un tema che ovviamente incrocia direttamente il Recovery Plan italiano in discussione in queste settimane.
Le altre città europee
Intanto le altre città europee, con i nuovi piani, affrontano la sfida della trasformazione digitale nelle infrastrutture, nella demografia, nell’occupazione e nella casa come un unico grande obiettivo di sostenibilità. Il traguardo è la carbon neutrality, cioè il bilanciamento tra le emissioni residue e le attività di rimozione delle stesse, in modo da neutralizzarne l’impatto dannoso sull’ambiente. Copenhagen punta a diventare la prima città europea a raggiungerla, nel 2025. E molte altre cercano di anticiparla rispetto alla scadenza del 2050 posta dall’Accordo di Parigi: Oslo punta al 2030, Glasgow ed Helsinki al 2035, Stoccolma al 2040. Altre città che hanno preso impegni concreti: Amsterdam (ha approvato la propria Strategia urbana basata sulla transizione sostenibile con l’obiettivo di ridurre le emissioni del 95% entro il 2050), Amburgo e Londra. a città che più è avanti in questo lavoro è Bologna, impegnata in un percorso di costante miglioramento delle proprie performance ambientali e di pianificazione degli obiettivi di sostenibilità.