E’ ancora costellato di luci e ombre il sistema normativo sul credito d’imposta relativo alle spese sostenute per la ricerca e sviluppo. Le principali difficoltà trovano origine nella corretta qualificazione delle spese agevolabili.
L’Agenzia delle Entrate non sembra essere in possesso delle conoscenze tecniche se le spese sostenute rispondano alle caratteristiche tecniche per fruire dell’agevolazione.
“Dal momento che l’atto di recupero richiede nella motivazione l’indicazione di elementi aventi natura tecnica, generalmente non conosciuti dalle Entrate – spiega Alfredo Accolla, consigliere d’amministrazione della Cassa di previdenza dei ragionieri e degli esperti contabili – numerose pronunce dei giudici tributari di merito ritengono come l’Agenzia sia obbligata a richiedere un parere tecnico al MISE”.
Ai fini dell’esito del contenzioso è infatti decisiva la motivazione. L’atto di recupero non solo dovrà dimostrare le ragioni in base alle quali il progetto di ricerca non possa essere considerato nuovo ma anche il motivo per cui la scienza consenta già oggi di raggiungere un determinato obiettivo. Senza una motivazione tecnica, l’atto di recupero deve essere annullato essendo violato il disposto dell’art. 7 della L. n. 212/2000.
“Il problema relativo ai crediti d’imposta per le spese di ricerca e sviluppo potrebbe porsi anche con il Superbonus, trovando origine – prosegue Accolla – nell’osservanza di alcuni presupposti di tipo tecnico come, ad esempio, il doppio salto energetico”. Ci chiediamo allora, l’Agenzia delle Entrate, non essendo in possesso delle conoscenze tecniche necessarie, sarà in grado di contestare l’inosservanza di tale condizione?