L’ultima indagine Svimez-Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne-Unioncamere, condotta su un campione di 4 mila imprese manifatturiere e di servizi tra 5 e 499 addetti, porta a conoscenza dati preoccupanti. Sono 73.200 le imprese a forte rischio di chiusura. Scorporando questo dato, emerge che circa 20mila imprese hanno sede nel Mezzogiorno e circa 17.500 al centro. Nel rapporto Svimez viene sottolineato come “le imprese che sono a rischio chiusura hanno forti difficoltà a resistere” alle conseguenze del Covid “come risultato di una fragilità strutturale dovuta ad assenza di innovazione (di prodotto, processo, organizzativa, marketing), di digitalizzazione e di export, e di una previsione di performance economica negativa nel 2021”.
Dall’indagine emerge, oltre a una differenziazione marcata tra Nord Est e Nord Ovest, “anche la fragilità di un Centro che si schiaccia sempre più sui valori delle regioni del Sud – evidenzia il direttore Svimez, Luca Bianchi – con i diversi impatti settoriali, la particolare fragilità di alcuni comparti dei servizi, che impongono, dopo la prima fase di ristori per tutti, una nuova fase di interventi di salvaguardia specifica dei settori in maggiore difficoltà, accompagnabili con specifiche iniziative per aumentare la digitalizzazione, l’innovazione e la capacità esportativa delle imprese del Centro-Sud”.
Gaetano Fausto Esposito, direttore generale del Centro studi Tagliacarne, ritiene che sia possibile che “le imprese del Mezzogiorno possano conseguire quest’anno risultati ancora più negativi rispetto alle loro aspettative, perché meno consapevoli dei propri ritardi accumulati sui temi dell’innovazione e del digitale. Anche per questo c’è bisogno di un patto per un nuovo sviluppo che tenga conto della gravità della situazione e del preoccupante aumento dei divari nel nostro Paese”.